Nota 105 - Tolkien teologo?
di Mauro Toninelli, a cura di Greta Bertani
La questione tra teologia e narrazione, narratore e teologo è profonda, e certo non la si può esaurire in queste poche righe. Qui ci piace suggerire alcune riflessioni.
La narrazione non è nuova nel mondo teologico e biblico. La Bibbia è un’intera narrazione. La narrazione è stata il primo modo con cui gli uomini hanno parlato di Dio, dell’uomo, del male, del bene, della morte, della provvidenza… Nella Lettera 183 Tolkien scrive che “Nel Signore degli Anelli il conflitto essenziale non riguarda la ‘libertà’, anche se è naturalmente compresa. Riguarda Dio e il Suo diritto esclusivo agli onori divini” e nella 186 spiega che “Il vero tema per me riguarda qualcosa di molto più permanente e difficile: Morte e Immortalità”.
“Il cristianesimo”, secondo E. Salmann, “non è una religione dogmatica, ma ha bisogno di diversi tipi di racconto. Questa almeno è l’ottica del Nuovo Testamento: per questo abbiamo quattro Vangeli”[1]. Nella narrazione ci sono Verità che valgono per il Mondo Primario e Secondario, tanto per Dio quanto per gli uomini.
Per approfondire si rimanda alla prefazione di R. Maiolini in M. Toninelli, Colui che raccontò la Grazia. Una rilettura de Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, Cittadella Editrice, Assisi 2019, pp. 7-10 e, sempre nel medesimo testo, alla conclusione, pp. 195-204; e a G. Scattolini, Guidami luce gentile. Fede e ragione in J R.R. Tolkien, L’Arco e la Corte, Bari 2022.
[1] E. Salmann, La teologia è un romanzo. Un approccio dialettico a questioni cruciali, Paoline, Milano 2000, p. 68.