Christopher Tolkien
di Sara Massino e Sebastiano Tassinari
Vogliamo commemorare Christopher Tolkien, il figlio terzogenito di J.R.R. Tolkien, la cui figura ha avuto un’importanza fondamentale per le creazioni letterarie del padre, sia quando era in vita che dopo. Si vuole testimoniare sia come Christopher sia stato fin da bambino un grande appassionato del mondo creato dal padre, sia come questa passione si sia trasformata poi in un lavoro che ha avuto un effetto profondo su tutti gli studi tolkieniani.
Quasi mezzo secolo fa, i libri pubblicati da Tolkien non riempivano un solo scaffale, e i libri su di lui erano pochi. Della sua mitologia del Silmarillion si poteva avere solo la più pallida idea, dalle allettanti brevi citazioni nell’Appendice A de Il Signore degli Anelli. Non si sapeva che avesse inventato le sue “leggende antiche” della Terra di Mezzo almeno dal 1914, né si poteva immaginare la mole di carte che lasciò alla sua morte, opere della cui esistenza non c’era traccia. Solo attraverso la sua devozione per gli scritti del padre (uno sforzo che ha attraversato quasi cinque decenni), possiamo invece conoscere la notevole portata delle conquiste letterarie di J.R.R. Tolkien al di là delle sue opere più familiari.
Vogliamo rendere omaggio a Christopher ricordandolo in tutte le sue sfaccettature: dalla sua biografia ai rapporti con il padre; dai suoi progetti principali come il Silmarillion e History of middle-earth, a quelli minori; dal suo interesse per i lettori comuni, alla sua influenza sugli studi tolkieniani.
La vita di Christopher Tolkien
Christopher John Reuel Tolkien è nato a Leeds il 21 novembre 1924. Sua madre sperava in una bambina (al seguito di due maschi, John e Michael), ma il padre si compiaceva particolarmente del suo terzo figlio. Tolkien era allora professore di lingua inglese all’Università di Leeds, e gli diede il nome di Christopher in onore del suo vecchio compagno di scuola, Christopher Wiseman. Le iniziali “CJRT”, scritte da Christopher sulle sue mappe pubblicate per Il Signore degli Anelli, Il Silmarillion e Unfinished Tales, includono un nome di conferma, John, che non sempre usava. Quando aveva appena un anno di vita, nel gennaio 1926 la sua famiglia si trasferì da Leeds a Oxford, dove suo padre avuto ottenuto la cattedra Rawlinson e Bosworth di Studi anglosassoni. Lì venne educato, come gli altri fratelli, prima alla Dragon School, non lontano dalla sua casa di Northmoor Road, e poi alla Oratory School di Caversham nel Berkshire, un collegio cattolico.
Quando ormai Christopher aveva quattordici o quindici anni, il ragazzo era diventato “una persona irritabile, nervosa, intrattabile, tormentata e sfrontata”, come annota il padre nel suo diario. Può darsi che il suo carattere fosse dovuto a una strana malattia al cuore che gli venne diagnosticata nel 1938, e che lo costrinse a letto per mesi. “Tuttavia c’era in lui qualcosa d’intensamente amabile, per lo meno per me era così, a partire dalla somiglianza”, aggiunge Tolkien. In seguito si iscrisse al Trinity College di Oxford (nel gennaio del 1942), dove studiò Letteratura Inglese. Aveva solo diciassette anni, ma come altri giovani dell’epoca, con il mondo in guerra, cominciò gli studi universitari presto, prima di essere chiamato al servizio militare.
Il servizio militare iniziò nel luglio 1943, quando fu chiamato nella Royal Air Force. Fu stazionato inizialmente a Heaton Park a Manchester, e poi all’inizio dell’anno successivo dovette salpare per il Sud Africa per addestrarsi come pilota. Seguì l’addestramento elementare (nel biplano Tiger Moth) a Kroonstad nello Stato Libero di Orange e l’addestramento avanzato (in monoplano) a Standerton nel Transvaal. Nel marzo 1945 tornò in Inghilterra, e venne mandato nello Shropshire. Nello stesso mese, fu nominato Ufficiale Pilota della Royal Air Force Volunteer Reserve, “in libertà vigilata (emergenza)”, come risulta dalla lista ufficiale, e fu in linea per essere promosso a Ufficiale di Volo. Lasciò la R.A.F., tuttavia, per la Fleet Air Arm, il servizio aereo della Royal Navy, nel giugno 1945, un mese dopo il VE Day. Così rimase, all’interno della Royal Naval, poiché la guerra nel suo complesso si concluse più tardi quell’estate, e non fu sollevato dai suoi incarichi fino a quando non ritornò al Trinity College alla fine dell’aprile 1946, per completare i lavori per la sua laurea.
Conclusa l’università scelse, come suo padre, la vita dello studioso. Nel gennaio 1949 fu accettato da Oxford come studente post-laurea sotto la guida di Turville-Petre, illustre esperto di letteratura islandese. Trovò lavoro anche come tutor, e acquisì esperienza editoriale lavorando alla Saga di Hervarar; esperienza che gli sarà utile circa vent’anni dopo, quando assumerà il compito erculeo di occuparsi dei testi inediti del padre. Nell’aprile 1954 entrò a far parte della facoltà di inglese di Oxford come docente del Fondo comune universitario presso il New College. Un commento fatto dal padre suggerisce che le sue lezioni erano popolari e di successo: “ora mi rendo conto del motivo per cui lei tiene il pubblico”, gli disse Tolkien dopo una presentazione intitolata “Barbari e cittadini” nel febbraio 1958; “c’era, naturalmente, vita e vivacità nelle tue frasi, ma tu sei chiaro, generalmente poco enfatico e lasci che le tue cose parlino da sole, modellandole e collocandole.”
Christopher si sposò due volte: la prima nell’aprile del 1951 con Faith Faulconbridge, una scultrice di talento che si era laureata in inglese a Oxford. La coppia viveva a Holywell Street, Oxford, nella casa che i genitori di Christopher occupavano prima di trasferirsi a Sandfield Road nel marzo 1953; e sebbene Sandfield Road fosse distante circa due miglia, Christopher e Faith trovavano spesso il tempo di visitarla. In un’occasione, nell’estate del 1953, aiutarono Tolkien a registrare in inglese moderno alcune parti del suo Sir Gawain and the Green Knight, a cui la BBC era interessata. “Ho fatto alcuni esperimenti a tre voci, e registrazioni delle scene di tentazione”, scrisse Tolkien all’amico George Sayer. “Chris stava facendo un ottimo (anche se leggermente oxoniano…) Gawain, prima che dovessimo fermarci”. Un figlio, Simon Mario Reuel Tolkien, è nato da Christopher e Faith nel gennaio 1959.
Solo pochi anni dopo, appena passato il Natale 1963, i due si separarono e divorziarono. Nel dicembre 1967 Christopher si risposò con Baillie Klass, che aveva lavorato per un breve periodo nel 1965 come segretaria del padre; il loro primo figlio, Adam Reuel Tolkien, nacque nel marzo 1969, e un’altra figlia, Rachel Clare Reuel Tolkien, nel febbraio 1971. Dopo essersi trasferiti nel sud della Francia nel 1975, vissero comodamente ma modestamente prima a La Garde-Freinet e poi vicino ad Aups. Baillie Tolkien ha sempre sostenuto il marito nella sua vita e nel suo lavoro, e lei stessa ha avuto ruoli importanti nella Tolkien Estate, soprattutto come redattrice delle Lettere di Babbo Natale e come membro del suo consiglio di amministrazione. Christopher è morto lo scorso anno proprio in Francia, dove ha vissuto con la moglie per quasi quattro decenni.
Christopher Tolkien e suo padre
Anche Christopher, come i suoi fratelli, è stato cresciuto ascoltando le storie che suo padre raccontava loro all’ora di andare a letto. Si è immerso in queste storie con tutto il cuore, e l’ha fatto davvero precocemente. Nella lettera che Tolkien scrisse ai suoi figli nel 1929, sotto le spoglie di Babbo Natale, a soli cinque anni Christopher veniva già lodato per le tante lettere e per aver imparato a scrivere; per questo ricevette una penna stilografica e un disegno speciale. Secondo un racconto di Michael Tolkien, all’età di quattro o cinque anni interruppe la storia de Lo Hobbit mentre suo padre la raccontava: “l’ultima volta hai detto che la porta d’ingresso di Bilbo era blu, e hai detto che il cappuccio di Thorin era d’argento”. A questo punto Tolkien mormorò: “accidenti al ragazzo”, e andò alla sua scrivania per prendere nota. Questo episodio anticipava l’occhio acuto di Christopher per i dettagli, mostrato molto più tardi nella History of Middle-earth.
Dopo Lo Hobbit, Tolkien cominciò poi a sottoporgli Il Signore degli Anelli. Nel marzo 1938 disse al suo editore, Stanley Unwin: “il mio Christopher e il signor Lewis lo approvano abbastanza, al punto da dire che lo ritengono migliore di Lo Hobbit“. Christopher lo aiutava mettendo in bella copia le bozze dei capitoli del Libro II del Signore degli Anelli, e ridisegnando le mappe del suo lavoro. L’amore di Tolkien per il figlio più giovane e il dolore per la sua assenza lo ispirarono ad andare avanti con il suo grande lavoro in mezzo alla guerra, e nonostante l’estenuante lavoro come docente. Quando il terzogenito era in Sudafrica Tolkien gli inviava frequenti lettere, e nell’aprile 1944 iniziò a condividere per corrispondenza i suoi rinnovati progressi con Il Signore degli Anelli. “Ho seriamente intrapreso uno sforzo per finire il mio libro”, scrisse il 5 aprile. “Quanto lavoro hai fatto nella dattilografia, e i capitoli scritti in modo così bello – pienamente! Vorrei avere ancora a portata di mano il mio amanuense e il mio critico”. Fece copiare i nuovi capitoli de Il Signore degli Anelli da un servizio di dattilografia locale e li inviò a Christopher per un commento. Nelle lettere del 1945 e del 1946, Tolkien disse a Stanley Unwin che Christopher era il suo “vero pubblico primario” e il suo “critico e collaboratore principale” per Il Signore degli Anelli. In questo elevò suo figlio al di sopra persino di C.S. Lewis, suo caro amico e collega con il quale poté ancora incontrarsi durante la guerra.
Christopher, inoltre, era noto fin da quando era uno scolaro ai membri degli Inklings, il gruppo letterario di Lewis e Tolkien. Questi uomini sapevano che anche Christopher era coinvolto nella realizzazione de Il Signore degli Anelli, e nell’ottobre 1945 Tolkien informò suo figlio che gli Inklings lo consideravano “un membro permanente”. Non solo Christopher ebbe il piacere della loro compagnia, ma gli fu anche chiesto di leggere ad alta voce i nuovi capitoli del romanzo così come erano stati composti, perché secondo tutti lo faceva meglio di Tolkien stesso.
Anche durante gli studi sotto Turville-Petre, Christopher trovò il tempo di assistere il padre nella pubblicazione de Il Signore degli Anelli (1954-55). Per il primo volume lesse le bozze di pagina e disegnò le mappe della Terra di Mezzo e la piccola mappa della Contea, quando suo padre non poteva farlo da solo. Confessò Tolkien: “Ho dovuto chiedere l’aiuto di mio figlio. Ricordo che quando divenne evidente che la “mappa generale” non sarebbe stata sufficiente per il Libro finale [VI], dovetti dedicare molti giorni, gli ultimi tre praticamente senza cibo né sonno, a disegnare una grande mappa, alla quale [Christopher] lavorò poi per 24 ore senza dormire, appena in tempo.” Finché Tolkien è rimasto in vita, Christopher è stato dunque per lui un interlocutore privilegiato e attento. Ma è soprattutto dopo la morte del padre, avvenuta il 2 settembre 1973, che darà il suo contributo più importante all’opera tolkieniana.
Il Silmarillion
Tolkien, già negli anni ’60, aveva deciso che se fosse morto prima di completare Il Silmarillion, sarebbe stato Christopher ad ereditare questo incarico, se lo desiderava. Il testamento di Tolkien lo nominò come suo esecutore letterario, “con il pieno potere di pubblicare, modificare, riscrivere o completare qualsiasi mia opera non pubblicata alla mia morte o di distruggere la totalità o una parte o parti di qualsiasi opera non pubblicata che egli, a sua assoluta discrezione, riterrà opportuno” (23 luglio 1973).
Come Christopher disse a William Cater, egli era “la persona che più probabilmente sapeva cosa voleva e voleva dire Tolkien e la consapevolezza che voleva che io fossi il suo esecutore letterario mi ha dato la fiducia necessaria per farlo”. Assunse le sue nuove responsabilità poco dopo la morte del padre, avvenuta il 2 settembre 1973. Si ritirò dunque dalla vita di studi ad Oxford e iniziò a preoccuparsi di quelli che avrebbe chiamato “Tolk-biz”, gli affari commerciali del Tolkien Estate. Curò la Nomenclatura e revisionò Il Signore degli Anelli per la prima edizione tascabile britannica in tre volumi (Unwin Books, 1974) rilevando errori e omissioni, alcuni dei quali gravi.
Sembra incredibile che Christopher sia stato in grado di occuparsi di questioni che richiedevano molto tempo come queste, lavorando contemporaneamente non solo al Silmarillion incompiuto, ma anche alla pubblicazione delle traduzioni in inglese moderno di Tolkien di Sir Gawain e il Cavaliere Verde, Perla e Sir Orfeo (pubblicata nel 1975) e alla supervisione della biografia di Carpenter, scritta nel 1976, riscritta su insistenza di Christopher e pubblicata nel 1977. La sua energia era prodigiosa. Il Silmarillion, tuttavia, era il suo compito più urgente, e quel compito doveva iniziare con l’organizzazione dei documenti di Tolkien. Questi erano sopravvissuti in 70 scatole di materiale, in uno stato confuso, “con più inizi che conclusioni”. Furono necessarie centinaia di ore per metterle anche solo in un ordine preliminare, e solo alcune di esse riguardavano Il Silmarillion propriamente detto.
Non fu facile per lui decidere che forma avrebbe dovuto assumere un Silmarillion pubblicato. Poco dopo la morte del padre, furono rilasciate dichiarazioni ufficiali che dicevano che Il Silmarillion sarebbe stato un romanzo in due o tre volumi, preparato da Christopher, e che ci sarebbero voluti anni per assemblarlo. Tolkien non lo aveva completato; come scrisse Christopher, era ben lungi dall’essere un testo fisso, e non rimase immutato nemmeno in alcune idee fondamentali sulla natura del mondo che ritrae. Le stesse leggende venivano raccontate in forme più lunghe e più brevi, e in stili diversi. Con il passare degli anni i cambiamenti e le varianti, sia nei dettagli che nelle prospettive più ampie, divennero così complessi, così pervasivi e così stratificati che una versione definitiva sembrava irraggiungibile.
All’inizio, Christopher si avvicinò all’opera come se avesse dovuto ricreare un testo medievale da manoscritti diversi e varianti di interpretazione degli scribi, pensando di mostrare la “crescita incompiuta e ramificata” della creazione di suo padre. Ma presto si rese conto “che il risultato sarebbe stato così complesso da richiedere molto studio per la sua comprensione; e io temevo di schiacciare il Silmarillion sotto il peso della sua stessa storia”. Assistito per alcuni mesi dal giovane studente (poi autore di fantasy) Guy Gavriel Kay, Christopher decise allora di creare un unico testo, “scegliendo e disponendo i testi in modo tale che mi sembrasse di produrre la narrazione più coerente e internamente auto-consistente”. “Qua e là ho dovuto sviluppare la narrazione a partire da note e bozze”, ha spiegato; “ho dovuto fare molte scelte tra versioni concorrenti e fare molti cambiamenti di dettaglio; e negli ultimi capitoli (che erano stati lasciati quasi intatti per molti anni) ho dovuto renderlo coerente. Ma essenzialmente quello che ho fatto è stato un lavoro di organizzazione, non di completamento”. In seguito ebbe dei ripensamenti su questo approccio, ma in ogni caso produsse ciò che i lettori e l’editore di Tolkien si aspettavano. Probabilmente un libro in forma non narrativa non sarebbe diventato un best-seller quanto Il Silmarillion. Così com’era, l’opera era legata al Signore degli Anelli, rappresentandone il retroterra storico e mitologico, ma di un ordine stilisticamente diverso, più arcaico nel linguaggio, con una vasta portata cronologica e geografica.
Con la pubblicazione de Il Silmarillion, finalmente nel 1977, a completamento della grande saga della Terra di Mezzo che Tolkien aveva immaginato, un editore avrebbe potuto considerare il suo lavoro alla fine. Ma Christopher durante il processo scoprì che gli piaceva studiare lo sviluppo delle creazioni del padre, e che c’era ancora molto di interessante nel vasto archivio di carte.
The History of Middle-earth
Già alla fine del 1976 – quando ormai si era trasferito in Francia – Christopher informò Rayner Unwin che stava lavorando all’ennesimo libro che accompagnasse Il Silmarillion: si trattava sicuramente di Unfinished Tales of Númenor and Middle-earth (1980). La motivazione per l’aggiunta di questo nuovo materiale era che esso era inedito, e probabilmente di particolare interesse per i lettori – come lo era per lui – al di là della semplice scoperta di dettagli curiosi. Egli riconosceva che suo padre “non si sarebbe mai sognato di permettere che anche le narrazioni più complete… apparissero senza ulteriori perfezionamenti”, eppure la loro qualità e la loro portata di immaginazione ne richiedevano la pubblicazione.
Qui Christopher è tornato al suo concetto originale per Il Silmarillion, in cui presentava i testi del padre interconnessi con il commento; non c’è alcun tentativo in Unfinished Tales di combinare gli scritti in un insieme completo. Anche qui, per la prima volta, si potrebbero leggere scritti sulla Terra di Mezzo, abbozzati o abbandonati, che contrastano con la “storia” stabilita in opere pubblicate come Il Signore degli Anelli. Il lettore di Unfinished Tales, ammoniva Christopher, doveva accettare che all’interno dei manoscritti inediti di Tolkien la storia non era una realtà fissa e indipendente che l’autore “riporta” (nella sua “persona” di traduttore e redattore), ma una concezione crescente e mutevole nella sua mente.
“La storia della sua invenzione”, cioè lo sviluppo del Silmarillion e delle opere connesse, è stato oggetto di “uno studio interamente ‘privato’, senza intenti di pubblicazione: un’indagine e un’analisi esaustiva senza tralasciare alcun dettaglio. Questo studio iniziò dopo la pubblicazione del Silmarillion, e Christopher produsse più di 2.600 pagine dattiloscritte; e fu da questo studio che emerse una storia pubblicata della costruzione della Terra di Mezzo, dal periodo della Grande Guerra fino alla morte di Tolkien, considerata cronologicamente (per quanto la sequenza potesse essere determinata) e con commenti, note e glossari di esperti.
Christopher aveva inizialmente progettato una serie di quattro volumi, che furono i primi quattro della History of Middle-earth: il successo dei quattro libri spinse la Allen&Unwin e Christopher Tolkien a proseguire andando oltre gli scritti sulla Prima Era antecedenti agli anni ‘30 e a esplorare la composizione de Il Signore degli Anelli e gli scritti successivi. I lettori più giovani oggi vedranno la Storia della Terra di Mezzo come un insieme compiuto, ma a quelli di noi che l’hanno letta così come si è diffusa, ha offerto sorpresa dopo sorpresa. Nel dodicesimo e ultimo volume, The Peoples of Middle-earth, Christopher spiega che la History of Middle-earth, “in un certo senso”, è un resoconto della vita di suo padre, perché la vita di Tolkien era stata proprio questo, la costruzione incessante che Christopher aveva fotografato.
Non tutte le recensioni della Home furono incoraggianti. Ce n’erano sempre meno con il progredire della serie, con critici stanchi che si lamentavano del fatto che Christopher stava raschiando il fondo del barile letterario. Infatti La Storia della Terra di Mezzo non contiene tutto ciò che Tolkien ne ha scritto. Christopher è stato intenzionalmente selettivo, per mantenere la lunghezza dei volumi entro i limiti della ragione, anche se la serie è cresciuta ben oltre la sua concezione originale; in particolare sono stati omessi la maggior parte degli scritti di Tolkien in o sulle sue lingue inventate. L’opera ha anche creato una questione di “canone”: se Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli erano, al momento della pubblicazione (o della revisione), testi “fissi” nei loro dettagli interni, i testi contenuti nella History of Middle-earth mostrano numerose revisioni che addirittura possono delegittimare il Silmarillion pubblicato da Christopher.
Cos’era canonico e cosa no negli eventi della Terra di Mezzo? Christopher asseriva che in realtà tutto ciò che suo padre scriveva era “canonico”, cioè parte del tutto; ma per altri la domanda era se i testi di Unfinished Tales o della Storia della Terra di Mezzo potessero essere usati per ingrandire il quadro del mondo inventato da Tolkien, come se fosse un luogo reale. Per farlo tuttavia, ci diceva Christopher, bisognava scegliere, creando così qualcosa di artificiale: la creazione del lettore e non dell’autore – e questo non era il suo scopo. La storia della Terra di Mezzo “è stata concepita per illustrare non un disegno fisso, ma una creazione vivente, e il processo con cui Tolkien le ha dato vita”.
Il valore dei lettori per Christopher
Tra il 2007 e il 2018 Christopher curò tre volumi, basati sul lavoro svolto nei libri precedenti, che consolidarono le versioni dei tre “Grandi Racconti” presenti nel Silmarillion: I figli di Húrin, Beren e Lúthien, e La caduta di Gondolin. Christopher riteneva che “c’era un buon motivo” per presentare queste opere come opere indipendenti (al di fuori del Silmarillion), “con un minimo di presenza editoriale, e soprattutto in una narrazione continua senza lacune o interruzioni, se ciò poteva essere fatto senza distorsioni o invenzioni”. Nelle sue prefazioni sia a Beren e Lúthien che a The Fall of Gondolin si scusava che la History of Middle-earth potesse essere difficile da seguire, anche se questa era la natura dell’opera, con i suoi testi spesso mutevoli e senza quella che Christopher chiamava coerenza narrativa.
In particolare I Figli di Hurin, a mio avviso, testimonia un grande affetto che Christopher aveva non solo nei confronti dell’opera paterna, affetto che aveva già dimostrato, ma anche nei confronti degli appassionati e dei lettori: I Figli di Hurin infatti costituisce una sorta di ritorno al Silmarillion, dal momento che è il risultato dell’intervento di Christopher nell’unire diversi episodi e versioni in un unico racconto molto coeso. E questo lo ha fatto, spiega nella Prefazione, proprio per quei lettori del Signore degli Anelli a cui era rimasta la curiosità di capire chi fosse Turin, che viene nominato nel capitolo “La tana di Shelob”. E come il Silmarillion, I Figli di Húrin è stato un bestseller, con più di mezzo milione di copie vendute in inglese e traduzioni pubblicate in venti lingue.
Come ha promosso gli studi Tolkieniani
Bisogna ricordare anche che l’operato di Christopher Tolkien non fu mai eccessivamente geloso nei confronti degli scritti del padre, ma accettò sempre di farsi aiutare o aiutò a sua volta gli altri studiosi.
Abbiamo già parlato del primo testo di Tolkien pubblicato postumo, la Nomenclatura: era stato lo studioso Lobdell a chiederne la pubblicazione, e Christopher se ne era subito occupato. Poi fu la volta di Humphrey Carpenter: Carpenter era allora un giovane che lavorava per la BBC Radio Oxford, che aveva prodotto una serie su Tolkien. Il ragazzo chiese alla famiglia Tolkien di produrre una biografia sul professore, e ne fu accontentato; fu selezionato lui stesso per il lavoro, pubblicato poi nel 1977, e che vide anche in questo caso l’attenta revisione di Christopher. In seguito ci fu la collaborazione con Guy Kay per Il Silmarillion, e poi ancora una collaborazione con Carpenter, con cui trascorse molte ore a lavorare su un’edizione di lettere selezionate di Tolkien, pubblicata nel 1981.
Il lavoro di Christopher non si limitò alla cura delle pubblicazioni di e su Tolkien, ma si estese anche ad altre attività. Registrò alcune parti de Il Silmarillion per la Caedmon Records di New York, pubblicate nel 1977 e nel 1978; nel 1980 fu consultato sulla pronuncia dei nomi per l’adattamento Sibley-Bakewell de Il Signore degli Anelli per la BBC; nel 1987 e nel 1992 intervenne a conferenze legate a Tolkien presso la Marquette University e il Keble College di Oxford. Sempre nel 1992, in occasione del centenario del padre, è apparso sul documentario della Landseer Films su Tolkien.
Non rivendicò il diritto esclusivo di curare le opere del padre. Sostenne e incoraggiò il lavoro di studiosi come Douglas A. Anderson, Verlyn Flieger, John D. Rateliff, Hammond & Scull e un gruppo di specialisti americani sulle lingue e sui sistemi di scrittura inventati da Tolkien. Era disposto a rispondere alle domande, se poteva, e a fornire copie di manoscritti originali rilevanti per un progetto. Se non era d’accordo su un punto, lo faceva con delicatezza, e faceva delle contro-argomentazioni, se erano ben fondate. Era un bravo scrittore di lettere come lo era stato suo padre, sempre erudito e intelligente, che preferiva la penna alla macchina da scrivere; la maggior parte di esse arrivava via fax, anche se la sua macchina era sempre in balia dei temporali.
Ricorda Ted Nasmith: «Ho avuto il piacere di lavorare [con Christopher, ndr] all’edizione illustrata del Silmarillion. Continuerò a ricordare con affetto il suo gentile ma chiaro orientamento sul soggetto delle opere d’arte, con molte fruttuose discussioni via fax sui temi e sulla loro interpretazione. Non era la procedura abituale in questi casi, dove il più delle volte l’editore funge da collegamento tra autore e illustratore, ma si è ritenuto che fosse l’opzione migliore per questo particolare scopo.»
Tutte le persone che hanno aiutato Christopher o hanno avuto a che fare con lui lo ricordano come molto disponibile, e l’ultima testimonianza che porto a questo proposito è quella della Marquette University: Tolkien aveva venduto molti suoi manoscritti nel 1957 a questa Università: voleva che fosse questo centro di cultura fondato dai Gesuiti a custodire i suoi scritti. Quando poi nel 1985 Christopher cominciò a lavorare ai volumi della History of middle-earth che trattano la composizione de Il Signore degli Anelli, Christopher e la Marquette entrarono in stretto contatto. Mentre un team guidato da Taum Santoski e John Rateliff fotocopiava gli appunti di Tolkien posseduti dalla Marquette University per spedirli a Christopher, questo mandava loro i nuovi appunti emersi da quei famosi 70 scatoloni. Christopher non ritenne mai questo scambio una sua donazione, ma molto umilmente la considerava un modo per portare a termine il contratto stipulato da suo padre.
Namárië
I tolkieniani devono a Christopher infinita gratitudine: grazie a lui, la Terra di Mezzo ha avuto a disposizione la vita di due autori. Christopher è il principale responsabile di un primato che ha Tolkien: egli infatti è probabilmente l’autore più documentato nella storia del mondo, e per questo nessun altro scrittore di lingua inglese del XX secolo ha ricevuto lo stesso trattamento scientifico e creativo, che si è reso possibile grazie a più di quarant’anni di meticoloso lavoro del figlio. Il lavoro squisitamente dettagliato di Christopher ha aperto strade di ricerca che altri autori possono solo sognare e l’integrità con cui Christopher ha scelto di lavorare sull’eredità del padre ne ha assicurato l’influenza duratura, e farà in modo che rimanga una fonte di ispirazione per milioni di persone, e che continui ad essere amato e apprezzato in tutto il mondo. È altamente improbabile che vedremo mai più un rapporto padre-figlio così meraviglioso in materia di arte.
Curatele e pubblicazioni
Appendice di Gianluca Comastri
Le pagine precedenti hanno reso dovutamente giustizia all’opera di Christopher Tolkien, rimarcando (se ce ne fosse ancora bisogno) quanto essa sia stata inestimabile e decisiva, nel mettere a disposizione di tutti i materiali che consentono di entrare a fondo nella storia della Terra di Mezzo, della sua concezione e della sua evoluzione anche attraverso il processo creativo di suo padre. Quello che forse non è altrettanto evidente a prima occhiata è però quanto effettivamente sia vasto l’ammontare dei testi curati e pubblicati – sia in termini quantitativi che, soprattutto, per il valore assoluto di ciascun titolo.
Prima di accingersi a questa monumentale incombenza, con John Ronald Reuel Tolkien ancora in vita, Christopher Tolkien si era già cimentato nella curatela di alcune opere forse meno popolari presso il grande pubblico, ma di certo non meno apprezzabili da parte di filologi e mitologi: negli anni universitari di Oxford, come detto, il suo interesse era andato alla Saga di Hervör, un testo norreno del XIII secolo (che però pesca anche da fonti molto più antiche, risalendo fino alle guerre combattute da Goti e Unni nel IV secolo) del quale firmò un’introduzione nell’edizione del 1956 intitolata Hervarar Saga ok Heidreks (curata da G. Turville-Petre e da Guðni Jónsson e pubblicata dalla University College of London, per la Viking Society for Northern Research) e di cui curò a sua volta una traduzione quattro anni dopo, data alle stampe col titolo di The Saga of King Heidrek the Wise per i tipi di Thomas Nelson & Sons (Icelandic Texts); parallelamente, assieme a Nevill Coghill, aveva firmato anche tre edizioni di altrettanti racconti di Geoffrey Chaucer (The Pardoner’s Tale nel 1958, The Nun’s Priest’s Tale nel 1959 e The Man of Law’s Tale nel 1969) per i tipi di George G. Harrap. Per inciso, nell’ambiente si diceva che la sua conoscenza della saga di Heidrek fosse a livelli di autentica eccellenza.
Le note biografiche precedenti testimoniano come, in soli sette anni dalla scomparsa di suo padre, riuscì a dare alle stampe Il Silmarillion nel 1977 e i Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra di Mezzo nel 1980 (nel frattempo riuscendo anche, tra l’altro, a far pubblicare quella Nomenclature of The Lord of The Rings che dovrebbe essere tenuta in conto come vera e propria testata d’angolo, per chiunque si occupi di tradurre i testi tolkieniani), cui fecero seguito le Lettere l’anno seguente, nel 1983 curò la pubblicazione della prima collezione di saggi di J.R.R. Tolkien che raccoglie le pagine più significative nelle quali il Professore racconta le origini e le radici del suo legendarium: The Monsters and the Critics and other essays, che parte dal Beowulf e dal Translating Beowulf per poi passare attraverso English and Welsh, con la brillante dissertazione che tratta della “lingua nativa” a confronto con la “lingua della culla”, giungendo all’accoppiata di brani che più da vicino esplorano la poetica tolkieniana: On Fairy-Stories, con i suoi avvertimenti per il lettore incauto che si avventurasse nel reame fatato senza avvedutezze sufficienti, seguito da A Secret Vice che illustra senza possibilità di equivoci la mai abbastanza ribadita centralità della componente linguistica come pilastro dell’intera subcreazione letteraria. A seguire, la lectio sul Sir Gawain del 1953.
Venne poi il turno dei dodici volumi della History of Middle-earth, di cui pure si è già dato conto nelle pagine precedenti, mirabile collezione di documenti sia editi che inediti, di cui varrà la pena riassumere (sia pure con la spietata sintesi a cui ricorre anche Tolkien Gateway) i contenuti: i primi due libri introducono a The Book of Lost Tales, prima versione di quello che sarebbe poi divenuto Il Silmarillion; il terzo si compone di poemi riguardanti i principali personaggi della Prima Era; i due libri seguenti dettagliano gli sviluppi del passaggio da The Book of Lost Tales a The Silmarillion. I volumi da 6 a 9 trattano di come prese forma Il Signore degli Anelli, mentre la seconda metà del libro 9 parla della storia di Númenor. I libri 10 e 11 dettagliano gli Annali del Beleriand e gli Annali di Aman, documenti fondamentali nella redazione finale del Silmarillion come fu dato alle stampe. Il volume conclusivo è focalizzato sulle appendici de Il Signore degli Anelli, seguito da alcuni saggi assortiti su popoli e culture di Arda redatti nell’ultimo periodo da J.R.R. Tolkien. Giova ribadire però che, da un punto di vista linguistico, vi sono alcuni volumi come The Lost Road e The War of the Jewel: il primo è assolutamente indispensabile per un approccio serio e consapevole alle lingue di Arda, in quanto riporta le importantissime Etimologie, prima sorgente del lessico elfico. The War of the Jewels contiene il saggio Quendi and Eldar, che analizza i nomi elfici dei vari personaggi e incidentalmente dà molte informazioni su lingue e linguaggi della subcreazione.
Nondimeno, non furono questi dodici volumi a mettere la parola “fine” alle pubblicazioni di prestigio. La loro pubblicazione abbraccia un arco di tempo che va dal 1983 al 1996, ma prima ancora di giungere alla conclusione della serie era iniziata un’altra operazione fondamentale: nel 1992, Christopher Tolkien aveva incaricato un gruppo composto dai principali redattori e dagli studiosi dell’Elvish Linguistic Fellowship (E.L.F.) di riordinare, curare editorialmente e quindi pubblicare gli scritti di suo padre riguardanti le lingue della Terra di Mezzo. L’E.L.F. è un’organizzazione internazionale dedicata allo studio accademico delle lingue inventate di J.R.R. Tolkien, attualmente capeggiata da Carl F. Hostetter ma fondata da Jorge Quiñonez nel 1988 come gruppo di interesse speciale della Società Mitopoietica californiana. Lavorando su fotocopie delle pagine che Christopher Tolkien inviava loro e da appunti che i membri di questo gruppo prendevano durante le visite alla Bodleian Library, così come compulsando negli archivi dei manoscritti di Tolkien custoditi alla Marquette University, nel corso del decennio successivo diedero il via a una serie di pubblicazioni in forma di riviste specialistiche, dedicate alla componente linguistica che soggiace a leggende e racconti della Terra di Mezzo. Fu concordato che il modo migliore di procedere era l’ordine cronologico, poiché le note di Tolkien spesso si riescono a interpretare pienamente solo alla luce dei suoi scritti precedenti e in base al loro contesto, anch’esso desumibile dalla relazione tra le varie versioni che si susseguono. La testata principale su cui tali contributi sono ospitati è la rivista Parma Eldalamberon: vi sono tuttavia altre note che in gran parte sono contestualizzate entro il corpus della History of Middle-earth: tali materiali sono pubblicati nella rivista Vinyar Tengwar. Ventidue numeri della prima e cinquanta della seconda, quelli sin qui editi, possono rendere l’idea della dimensione e della rilevanza della componente linguistica del legendarium – e di quanto rischia di essere fuorviante banalizzare o trascurare tale componente, se si pretende di presentare i testi tolkieniani con cognizione di causa.
Negli anni più recenti, comunque, ci è stato tramandato il lascito più intimo di tutto il corpus, la conclusione ideale dell’arco di pubblicazioni precedenti: i tre Grandi Racconti e, accanto ad essi, i tre studi accademici a cui J.R.R. Tolkien si dedicò con maggior trasporto. Questi ultimi sono essenzialmente The Legend of Sigurd and Gudrún, la saga che il Professore aveva amato sulle pagine di Lang: The Fall of Arthur, il suo contributo al ciclo epico più popolare delle sue terre; Infine, Beowulf: a Translation and Commentary, in cui lo studio originale del 1926 torna sotto i riflettori seguito dal Sellic Spell, il tributo che Tolkien gli aveva dedicato in forma di storia. Essi vengono dati alle stampe rispettivamente nel 2009, 2013 e 2014: ma poco prima, nel 2007, ci veniva donato il volume monografico dedicato a The Children of Húrin, per un ciclo che è stato completato tra il 2017 e il 2018 con Beren and Lúthien e The Fall of Gondolin. Questi tre volumi non sono certo stati scelti a caso: come ebbe a dire lo stesso Christopher Tolkien, si tratta delle vicende, per alcune delle quali compaiono anche versioni sino a quel momento inedite, che (parlando di Beren and Lúthien, ma con parole che ragionevolmente sono a valere per tutti e tre i titoli) sono stati scelti
in memoriam, in quanto presenza radicata nella sua vita
(la vita di J.R.R. Tolkien, N.d.A.).
Bibliografia
- AA. VV., Christopher Tolkien – The Last Goodbye, sito della Deutsche Tolkien Gesellschaft, 18 gennaio 2020.
- Fliss, W.M., In Memoriam: Marquette Memories of Christopher Tolkien, in Mythlore 136, Mythopoeic Press, primavera 2020.
- Garth, J., Christopher Tolkien obituary, in The Guardian, 20 gennaio 2020.
- Hammond, W.G., Scull, C., Christopher Tolkien, 1924-2020, in Tolkien Studies 17, West Virginia University Press, 2020.
- Helen, D., Christopher Tolkien has died, sito della Tolkien Society, 16 January 2020. (https://www.tolkiensociety.org/2020/01/christopher-tolkien-has-died/)
- Noad, C.E., Obituary: Christopher Tolkien, in Amon Hen 281, Tolkien Society, gennaio 2020.
- Rateliff, J., In Memoriam: The Last Inkling, in Mythlore 136, Mythopoeic Press, primavera 2020.