Vai al contenuto

Lo Hobbit

Scheda bibliografica

di Alessandra Olivieri
Informazioni Bibliografiche

Titolo: Lo Hobbit o la Riconquista del Tesoro
Titolo originale: The Hobbit; or There and Back Again
Autore: J.R.R. Tolkien
Anno di pubblicazione: 1937
Anno di pubblicazione in Italia: 1973 – Adelphi | 2004 – Bompiani

La Storia

È una tranquilla mattina e Bilbo Baggins è seduto nel giardino di casa sua a fumare la pipa dopo aver fatto colazione, quando uno stregone vestito di grigio, con un cappello a punta, gli augura il buongiorno e gli propone di prender parte ad un’avventura. Si chiama Gandalf e subito Bilbo si ricorda di lui come di una vecchia conoscenza di sua madre, che si è guadagnato una certa notorietà presso gli Hobbit grazie ai suoi meravigliosi fuochi d’artificio. Nonostante questo, Bilbo non ha alcuna intenzione di partire: per uno Hobbit le avventure sono attività disdicevoli che sconvolgono il regolare ritmo delle giornate nella Contea. Poiché non sa, però, come allontanare lo stregone senza rischiare di offenderlo, lo invita a ripresentarsi il giorno seguente per un tè.

Così l’indomani, nel pomeriggio, quando sente suonare il campanello di Casa Baggins, Bilbo ripensa immediatamente all’invito fatto a Gandalf. Fuori dalla porta però, non c’è lo stregone, bensì un nano di nome Dwalin. Davanti ad un esterrefatto Bilbo, altri dodici nani piombano in casa uno dopo l’altro: Balin, Kili, Fili, Dori, Nori, Ori, Óin, Glóin, Bifur, Bofur, Bombur e Thorin Scudodiquercia, ai quali, infine, si unisce anche Gandalf.
Bilbo è sconvolto dall’irruenza e dall’eccessiva vivacità dei nani, che mangiano alla sua tavola saccheggiandogli la dispensa. Thorin è figlio di Thrain e nipote di Thror, Re sotto la Montagna, nel nord-est della Terra di Mezzo. Ora però Erebor, la Montagna Solitaria, è occupata dal drago Smaug, che anni prima si è impadronito di tutti i tesori in essa contenuti, il più importante dei quali è l’Arkengemma. Riuniti intorno a un tavolo, Gandalf, Thorin e gli altri nani studiano la mappa anticamente disegnata da Thror e giungono alla conclusione che per riconquistare Erebor occorre entrare nella Montagna attraverso un passaggio segreto, indicato sulla mappa. Per raggiungerlo, aprirlo ed intrufolarsi di nascosto nella Montagna, occorre qualcuno che sia estremamente cauto e silenzioso, così come sono gli Hobbit. Bilbo si ritrova quindi a firmare un vero e proprio contratto da scassinatore e, contro ogni sua previsione, intraprende un viaggio lontano da casa, consapevole dei rischi a cui va incontro.

I pericoli non sono pochi, a cominciare da un incontro notturno con tre troll, Maso, Berto e Guglielmo. I troll hanno catturato i Nani e vogliono cucinarli e mangiarli, ma non si sono accorti della presenza di Bilbo, il quale dimostra il suo ingegno: viene a sapere – ascoltando, non visto, i discorsi dei troll – che essi non possono esporsi alla luce del sole, perciò temporeggia, disorientandoli finché la luce del mattino li trasforma in pietra. I Nani sono salvi e, prima di riprendere il cammino, esplorano la caverna dei troll, dove trovano il bottino che i tre avevano saccheggiato in quegli anni. Nella caverna sono custodite anche alcune armi che vengono suddivise tra i presenti: Orcrist e Glamdring, diventano le spade rispettivamente di Thorin e Gandalf, e una piccola spada che si illumina di una luce blu quando ci sono orchi nelle vicinanze, viene assegnata a Bilbo, a cui egli dà il nome di Pungolo.

Dopo qualche giorno di cammino, i Nani, lo Hobbit e lo Stregone giungono a Gran Burrone, nell’Ultima Casa Accogliente a est del Mare, dimora di Re Elrond Mezz’Elfo, il quale svelerà per loro il segreto di alcune rune nascoste sulla mappa. Si tratta di rune lunari che possono essere lette solo se le si espone alla luce della stessa luna di quando furono scritte. Queste rune rivelano che nel Dì di Durin, ovvero il giorno in cui il sole e l’ultima luna d’autunno si trovano insieme nel cielo, la serratura del passaggio segreto di accesso alla Montagna solitaria si renderà visibile.

Bilbo e gli altri riprendono il viaggio, attraversando le Montagne Nebbiose. In una notte tempestosa, dopo essersi trovati coinvolti in una lotta tra giganti di pietra, Bilbo, Gandalf e i Nani trovano tra le montagne un riparo dove concedersi una breve sosta, ma da un varco nella roccia sopraggiungono gli orchi, che li fanno prigionieri. Bilbo, trovatosi separato dai suoi compagni, finisce in una caverna, nella quale incontra Gollum, una misteriosa e viscida creatura dall’aspetto inquietante. Questi conduce una vita solitaria, strisciando nelle caverne e mangiando pesci vivi, che pesca con le sue mani. Nell’imbattersi in Bilbo capisce che non si tratta di un orco e vuole subito mangiarlo, ma lo Hobbit sfodera Pungolo per difendersi. Su richiesta di Gollum si presenta come Bilbo Baggins della Contea e gli propone una gara di indovinelli: se Gollum dovesse vincere, mangerà il povero Bilbo, diversamente dovrà mostrargli la via d’uscita dai cunicoli della grotta.
Bilbo indovina per il rotto della cuffia la risposta all’ultimo dei quesiti postigli da Gollum, ma non glie ne viene in mente nessuno da fare a sua volta, finché non ricorda che entrando nella caverna ha trovato un anello e l’ha portato con sé. Concede allora a Gollum tre tentativi per indovinare cosa c’è nella sua tasca, e Gollum fallisce. Egli deve ora mostrare la via d’uscita a Bilbo, ma non vuole incamminarsi senza prima aver preso qualcosa di cui dice di aver bisogno. In un isolotto in mezzo al lago che si trova nella caverna, Gollum tiene nascoste diverse cianfrusaglie, tra cui un oggetto preziosissimo che dice essere “il suo regalo di compleanno”. Si tratta proprio dell’anello trovato da Bilbo, che ancora non ha svelato il contenuto della propria tasca. Tuttavia, Gollum, non trovando l’oggetto al suo posto, all’improvviso ha la certezza che esso sia stato rubato dallo Hobbit. Furibondo, torna verso Bilbo, che fugge, addentrandosi nei cunicoli. Mettendosi la mano in tasca, Bilbo tasta l’anello, che gli si infila al dito un attimo prima che lui inciampi e cada, sicuro che ormai Gollum si avventerà su di lui. Sorprendentemente Gollum lo supera senza vederlo. Dopo qualche istante Bilbo capisce che l’anello deve averlo reso invisibile. Fermo dinanzi a Gollum, pensa di approfittarne per ucciderlo, ma vedendolo solo e disorientato, è indotto dalla pietà a risparmiargli la vita.
Bilbo riesce infine a trovare sia la via d’uscita dalla caverna che i suoi compagni, ai quali racconta ciò che gli è accaduto senza però citare l’anello che ha trovato. Gandalf  è tuttavia insospettito dalla facilità con cui Bilbo sarebbe riuscito – stando a quanto racconta – a schivare Gollum e le guardie della caverna degli orchi e intuisce che lo Hobbit non gli ha raccontato tutto.

I Nani e i loro compagni riprendono il cammino inseguiti da un branco di lupi mannari, furiosi perché Thorin e i suoi hanno sconfitto gli orchi riuscendo anche ad uccidere il Grande Orco. La compagnia trova la salvezza arrampicandosi su alberi di pino dalla cima dei quali Gandalf lancia contro i mannari delle pigne incendiate. Quando però le munizioni scarseggiano e la situazione comincia a farsi critica per i Bilbo e gli altri, le Aquile arrivano in loro soccorso, li prelevano dagli alberi e li portano nei territori di Beorn, un mutaforma che può assumere le sembianze di un uomo o di un grande orso. Dopo averli accolti in casa sua, costui aiuta i membri della spedizione a raggiungere Bosco Atro. Gandalf non intraprende con gli altri questa parte del viaggio e si allontana con poche spiegazioni.

Bosco Atro è una distesa d’alberi talmente fitti che il suolo risulta perennemente immerso nell’oscurità e la carenza d’ossigeno induce visioni in chi attraversa la foresta. Bilbo e i Nani, storditi da quel luogo, vengono quasi divorati da un gruppo di terribili ragni giganti, ma riescono a liberarsene e raggiungono la parte nordorientale della foresta. Qui i Nani vengono però scoperti e fatti prigionieri dagli Elfi Silvani, sempre intenti a sorvegliare i loro confini. Vengono quindi portati al cospetto di Re Thranduil e poi rinchiusi in piccole celle. Non Bilbo, però, il quale al momento della cattura aveva infilato al dito l’anello, rendendosi invisibile. Con questo stratagemma egli riesce per qualche giorno ad avventurarsi nel palazzo fino a trovare un modo per far evadere i suoi amici: li farà fuggire attraverso una botola nelle cantine. Tra gli Elfi Silvani e gli Uomini della città di Esgaroth esiste un florido commercio di vino che induce gli Elfi a restituire agli Uomini le botti vuote da riempire, facendole scivolare sulla corrente del fiume perché arrivino alla vicina città su Lagolungo. Il piano di Bilbo prevede di far entrare i Nani nei barili vuoti prima che questi vengano abbandonati nel fiume. Durante una festa alla corte di Re Thranduil gli Elfi allentano la sorveglianza e si ubriacano, così Bilbo riesce a sottrarre loro il mazzo delle chiavi delle prigioni e a liberare i Nani. Il piano riesce e la compagnia arriva a Esgaroth, conosciuta anche come Pontelagolungo, una cittadina costruita su palafitte, dove i viaggiatori vengono accolti calorosamente. Il governatore, soprattutto, da sempre attratto dall’oro contenuto nella Montagna solitaria, promette di appoggiare l’impresa dei Nani di scacciare il drago Smaug. A Esgaroth i Nani e Bilbo fanno la conoscenza di Bard, l’arciere, discendente di Girion, Re di Dale, città ai piedi di Erebor, distrutta da Smaug tempo addietro.

Giunti finalmente alla Montagna Solitaria, Bilbo e i Nani si mettono alla ricerca della porta segreta, sul fianco occidentale. Proprio nel giorno indicato dalle rune lunari scritte sulla mappa di Thror, la porta si rende visibile e la serratura viene aperta dalla chiave che Thorin ha ereditato dai suoi avi.
Una volta all’interno della Montagna, Bilbo, che deve introdursi nel cuore della tana di Smaug, infila l’anello, ma il drago avverte la presenza dello Hobbit attraverso l’olfatto e gli chiede di presentarsi. Bilbo pensa che non sia saggio rivelargli il proprio nome, così si presenta come Cavalcabarili. Per Smaug, che è un essere estremamente astuto, questo nome rappresenta un indizio del fatto che gli Uomini del Lago hanno aiutato lo Hobbit, il quale è sicuramente in compagnia dei Nani. Il drago cerca di confondere Bilbo, insinuando in lui il sospetto che i Nani non siano affidabili e che lo manderanno incontro a morte certa per godersi da soli il tesoro. Questa conversazione è ascoltata da un piccolo tordo che si trova nei paraggi del luogo in cui avviene il dialogo tra lo Hobbit e il drago. Smaug lascia andare Bilbo, che sottrae una coppa al mucchio del tesoro e torna dai Nani per raccontare loro quanto ha visto. In particolare, si è accorto del fatto che la corazza di Smaug presenta una fessura, un punto danneggiato. Smaug ha intuito che i Nani e gli Uomini del lago tramano contro di lui e si dirige a Esgaroth per distruggerla.

Nel frattempo, la porta segreta di accesso alla Montagna si è chiusa e i Nani e Bilbo si trovano bloccati all’interno: per uscire dovranno usare l’ingresso principale, ma poiché c’è il rischio di incappare in Smaug, Bilbo, in qualità di scassinatore, va in avanscoperta. Nella tana del drago, in mezzo a mucchi di monete e altri oggetti preziosi, egli riconosce l’Arkengemma così come gliel’aveva descritta Thorin: il Cuore della Montagna, simbolo del Re sotto la Montagna, una pietra bellissima che risplende di luce propria e che al contempo assorbe tutta la luce esterna, emanando mille bagliori cangianti. Bilbo la infila in tasca senza parlarne a Thorin e dicendo a sé stesso che la pietra potrebbe rappresentare la quattordicesima parte del tesoro che gli è stata promessa tempo addietro in Casa Baggins, quando ha firmato il contratto da scassinatore.

Intanto, a Esgaroth, Smaug è atteso da Bard, che è stato informato dal tordo di ciò che è avvenuto nella Montagna. L’Uomo scaglia contro Smaug la Freccia Nera, ereditata da Girion, che l’aveva avuta in dono da Re Thror. Il colpo va a segno e trafigge Smaug proprio attraverso la fessura tra le scaglie, e il drago cade morto nel lago, non senza prima aver dato alle fiamme gran parte della città e dei territori circostanti.

Intanto Thorin ha ripreso possesso di Erebor. Giungono però due delegazioni, una da parte degli Elfi Silvani, che reclamano il tesoro della Montagna e una dagli Uomini del Lago, che esigono un risarcimento per le loro perdite: se non fosse stato per Bard – dicono – Smaug non sarebbe stato sconfitto. Tuttavia, Thorin – vittima dell’influsso malefico che promana da un tesoro che è rimasto così a lungo in balia di un drago – si rifiuta di condividere le immense ricchezze della Montagna e così, dopo alcune trattative senza esito, gli Elfi e gli Uomini di Esgaroth cingono d’assedio la Montagna. Thorin si prepara alla battaglia inviando messaggeri ai Colli Ferrosi, affinché suo cugino Dáin Piediferro gli venga in aiuto con la sua armata. Con lo scopo di scongiurare una guerra, Bilbo consegna l’Arkengemma agli assedianti, sperando in questo modo di fornirgli una possibilità di trattativa. Bard, infatti, propone di restituire la gemma in cambio di parte del tesoro. Bilbo è costretto a confessare a Thorin – sbalordito per il fatto che la pietra si trovi in mano agli assedianti – di esser stato lui a consegnargliela, così il Nano monta in collera, allontana Bilbo e rifiuta di consegnargli la parte del tesoro che gli spetta.

Proprio quando lo Hobbit si prepara a lasciare la Montagna portando con sé unicamente una cotta di mithril, un materiale molto resistente che, nonostante la sua leggerezza, permette di restare illesi sotto i peggiori colpi, il cielo si copre di nubi dense e scure. Sopraggiunge Gandalf, che porta la notizia dell’imminente arrivo di un esercito di Mannari e di Orchi, guidato da Bolg, figlio di Azog, ucciso da Dáin a Moria circa centocinquant’anni prima. Nani, Elfi e Uomini hanno ora un nemico comune e combattono contro gli eserciti degli Orchi e dei Mannari in quella che verrà poi ricordata come la Battaglia dei Cinque Eserciti. Beorn e le Aquile delle Montagne Nebbiose arrivano a soccorrere gli amici di Gandalf. Bolg verrà ucciso da Beorn e anche Thorin è colpito a morte. Prima di lasciare i suoi amici, ormai libero dal potere malefico che emana dal tesoro, Thorin si riconcilia con Bilbo.

Lo Hobbit si avvia infine verso casa in compagnia di Gandalf e i due fanno una sosta a Gran Burrone. Qui Bilbo ascolta il racconto delle imprese di Gandalf nei giorni in cui ha attraversato Bosco Atro insieme ai Nani giungendo fino alla Montagna Solitaria: lo Stregone e gli altri membri del Bianco Consiglio sono riusciti a scacciare il Negromante che aveva preso dimora a Dol Guldur, nella parte meridionale di Bosco Atro. Nonostante la vittoria, il Consiglio ha la sensazione che qualcosa di malvagio si stia risvegliando nella Terra di Mezzo.

Gandalf accompagna Bilbo fino a casa. Lo Hobbit porta con sé solo una cassetta con una piccola parte del tesoro, perché non intende trasportarne di più. Quando torna scopre che Casa Baggins è stata saccheggiata dei mobili e messa all’asta dai suoi parenti Sackville-Baggins, che, non vedendolo di ritorno, ne hanno approfittato per impadronirsi dei suoi beni. Bilbo utilizza parte del tesoro per ricomprare le sue cose e da quel momento in avanti nella Contea si sparge la voce che egli possieda immense ricchezze e che i cunicoli di casa sua trabocchino d’oro. Tutto ciò che Bilbo può dire, però, è di essere tornato a casa sano e salvo, contento di aver messo alla prova il suo coraggio in un’avventura che lo ha cambiato per sempre.