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John Ronald Reuel Tolkien

di Alessia Baraldi

«Una delle mie più radicate convinzioni è che investigare sulla biografia di un autore sia un modo inutile e sbagliato di accostarsi alle sue opere e specialmente a un’opera di arte narrativa, cui lo scopo, proclamato dall’autore, era quello di divertire…»[1]

Così Tolkien affermò in una sua lettera del 1971. Questa scelta di non «investigare sulla biografia di un autore» è ritenuta valida da numerosi critici oggigiorno, tuttavia esistono scrittori che non possono essere separati dal periodo storico in cui hanno vissuto e specialmente dagli avvenimenti della loro vita, perché è in ciò che accadde l’origine della loro poetica, della loro ideologia. Uno di questi casi è proprio J. R. R. Tolkien. Avventuriamoci allora nella storia personale di questo grande autore, le cui opere hanno cambiato radicalmente la concezione di “genere fantasy”.

1. L’infanzia tra l’Africa e Birmingham

John Ronald Reuel Tolkien nacque il 3 gennaio 1892 a Bloemfontein, nell’attuale Sudafrica, da genitori inglesi: Arthur Reuel Tolkien e Mabel Suffield. A causa della salute cagionevole del piccolo John Ronald, nel 1895 la famiglia Tolkien tornò in Inghilterra, ad eccezione del padre, che rimase in Sudafrica per questioni lavorative. Sfortunatamente, Arthur si ammalò e spirò pochi mesi dopo, lontano dai suoi cari. Rimasta vedova, Mabel decise di restare in Inghilterra e affittò una casa nella campagna di Sarehole, cittadina non troppo distante da Birmingham. Qui i figli John e Hilary, il secondogenito, ebbero un’infanzia spensierata, passando i pomeriggi a giocare nel bosco che costeggiava il fiume Cole e in particolare nel cortile del Sarehole Mill, un vecchio mulino in mattoni rossi con una ciminiera[2]. Tolkien restò sempre legato al ricordo di quel luogo paradisiaco, tanto da ispirargli la Contea, come scrisse nella lettera a Michael Straight del 1956:

«La Contea non contiene particolari riferimenti all’Inghilterra – tranne naturalmente per il fatto che essendo inglese e cresciuto in un villaggio «quasi rurale» dello Warwickshire ai confini con la prospera e borghese Birmingham (nel periodo dell’anniversario di diamante!) mi sono ispirato, come fanno tutti, ai modelli di vita che ho conosciuto.»[3]

Un altro elemento che ebbe grande impatto su Tolkien in quegli anni fu la figura di sua madre Mabel. Donna colta e profondamente religiosa (era una cattolica devota), si occupò lei stessa della prima istruzione del figlio, accorgendosi presto della predisposizione del bambino per le lingue
[4]Fuori dalle ore di lezione, Mabel gli consigliava anche letture di genere avventuroso e fantastico: i folletti di George MacDonald, il ciclo arturiano e, soprattutto, The Red Fairy Book di Andrew Lang lo appassionarono maggiormente
[5]. Grazie agli insegnamenti della madre, Tolkien sostenne l’esame di ammissione per la King Edward’s School, la miglior Grammar School di Birmingham, e lo superò per l’anno scolastico 1900/01. Tolkien spiccò negli anni scolastici (1900-1911) come uno dei migliori elementi della classe, in particolare nelle materie linguistiche: i suoi punti di forza erano il latino e il greco, ma si appassionò anche alla letteratura medievale e all’inglese antico. Gli anni scolastici non furono però rosei, infatti un nuovo lutto si abbatté sulla famiglia Tolkien: il 14 novembre 1904, Mabel Tolkien morì per diabete, lasciando i due figli sotto la tutela di padre Francis Morgan, suo amico e confessore spirituale[6].

2. Oxford e la Prima Guerra Mondiale

La svolta nella formazione di Tolkien avvenne non durante gli anni alla King Edward’s, bensì all’Università di Oxford frequentata grazie a una borsa di studio, la Open Classical per l’Exeter College[7]. L’interesse per le lettere classiche calò tuttavia il primo anno all’Exeter College a causa di professori che non lo invogliavano a impegnarsi nello studio del greco antico e del latino che tanto aveva amato ai tempi del King Edward’s. La sua attenzione era ora rivolta alla letteratura germanica e al corso di filologia comparata del professor Joe Wright[8]. Fuori dalle aule, si dedicava invece all’apprendimento del celtico, del gallese medievale e del finlandese e, dopo averle padroneggiate, inventava lingue che ne ricalcassero i suoni[9]. Tutto questo, unito alle serate di baldoria con gli amici e all’entusiasmo per il fidanzamento ufficiale con Edith Bratt, lo demotivò dal prepararsi adeguatamente per le Honour Moderations, il primo dei due esami richiesti per ottenere la laurea in Studi Classici (Classics). Il risultato non fu dunque soddisfacente per gli alti standard che il College richiedeva ai suoi borsisti e l’unico compito privo di errori fu quello di filologia comparata, la sua materia a scelta. Fu dunque lampante che il vero interesse di Tolkien erano le lingue germaniche perciò, l’allora direttore dell’Exeter, il dottor Lewis Farnell, suggerì allo studente di cambiare indirizzo e specializzarsi in filologia presso l’English School dell’università. Tolkien accettò e passò al corso di lingua e letteratura inglese all’inizio della sessione estiva del 1913[10].

L’anno successivo, il Regno Unito dichiarò guerra alla Germania, in reazione all’attentato di Sarajevo, e i giovani vennero chiamati alle armi. In migliaia risposero all’appello, tuttavia Tolkien non intendeva arruolarsi e partire per il fronte prima di conseguire la laurea, il Bachelor of Arts. Quando ciò avvenne, si recò a Bedford, dove venne istruito per il ruolo di sottotenente nell’11° Fucilieri del Lancashire. Prima di essere inviato in Francia, Tolkien decise di sposare la fidanzata Edith, conscio della pericolosità della zona in cui avrebbe compiuto il suo dovere di ufficiale dell’esercito britannico. La coppia si unì dunque in matrimonio il 22 marzo 1916 nella Chiesa Cattolica di Warwick[11], il paese in cui Edith risiedeva.

Alcuni mesi dopo, il plotone di Tolkien fu spedito nelle trincee della regione della Somme, dove si stava svolgendo una delle battaglie più sanguinose della Prima Guerra Mondiale. Fu proprio sotto i bombardamenti che iniziò a sviluppare il suo mondo di fantasia, il suo Mondo Secondario con i suoi miti e le sue lingue inventate[12]. Probabilmente è dal paesaggio piatto e desolato, martoriato dalle granate e dai cadaveri abbandonati delle vittime di una guerra considerata crudele e disumana, che Tolkien prese le immagini tragiche della terra di Mordor. Anche l’esperienza della vita in trincea ebbe grande impatto sulla sua ideologia per quanto riguarda il significato dell’eroismo e della solidarietà nei momenti difficili, ma anche della guerra come ultimo mezzo per salvare il proprio mondo dalla completa distruzione[13]. La salvezza di Tolkien dal prendere parte ad altre battaglie fu la cosiddetta “febbre da trincea”. Essa si diffondeva nelle trincee per mezzo dei pidocchi e il primo sintomo riconoscibile era la febbre alta. Non potendo essere curata con i mezzi a disposizione del corpo medico militare, l’unico rimedio possibile era il riposo, così Tolkien fu ricoverato in un ospedale militare[14]. Durante questo periodo di convalescenza, Tolkien scrisse La caduta di Gondolin, il primo racconto della mitologia della Terra di Mezzo in cui compaiono gli Elfi o Gnomi, come allora si chiamavano[15]. Nonostante le cure, la febbre continuò a ripresentarsi periodicamente. Alla commissione medica fu chiaro che Tolkien non era più in grado di prestare servizio oltreoceano: lo classificarono come malato cronico e lo spedirono sulla costa inglese per la difesa marittima. Nel frattempo, Edith diede alla luce il loro primo figlio, John Francis Reuel, il 16 novembre 1917[16].

L’11 novembre 1918, la Germania firmò l’armistizio che decretò la fine della Prima Guerra Mondiale. I soldati potevano tornare in patria e riprendere in mano le vite che avevano messo da parte in trincea. Fu esattamente quello che fece Tolkien: tornò ad Oxford e ottenne la Laurea Magistrale (Master of Arts)[17].

3. La carriera accademica

Terminata la sua istruzione accademica, Tolkien mosse i primi passi come filologo lavorando come compilatore dell’Oxford New English Dictionary, la cui stesura era iniziata nel 1878. Al New English Dictionary Tolkien lavorò per circa due anni, fino all’estate del 1920, quando si candidò per una posizione di Reader in English Language all’Università di Leeds[18]. La sezione filologia acquistò presto popolarità tra gli studenti dell’università per l’alta qualità delle lezioni e per le accattivanti iniziative che Tolkien e il suo collaboratore Eric Valentine Gordon crearono per promuovere le lingue germaniche. La più fortunata fu il Viking Club, dove gli studenti si riunivano per bere birra, leggere saghe nordiche e cantare testi comici in anglosassone o in norvegese antico, inventati e tradotti dai due docenti. Il successo di queste canzonette fu tale da essere stampate alcuni anni dopo nella raccolta Songs for the Philologies[19].

Accanto alle attività più ludiche e ricreative, non mancarono le pubblicazioni accademiche. Nel periodo di Leeds, Tolkien stese un glossario di medio inglese (A Middle English Vocabulary, pubblicato nel 1922) pensato come accompagnamento all’antologia di testi in medio inglese curata da Kenneth Sisam, suo tutor a Oxford, per gli studenti di filologia. Grazie alla puntigliosità nella ricerca filologica che aveva distinto Tolkien già ai tempi del New English Dictionary, questo glossario diventò un punto di riferimento per lo studio del medio inglese. Un altro importante lavoro filologico risalente a Leeds fu la traduzione del poema Sir Gawain and þe Grene Knyȝt (in inglese moderno Sir Gawain and the Green Knight), scritto da un anonimo poeta nel tardo XIV secondo e in lingua medio inglese, che vide la collaborazione del collega E. V. Gordon. L’edizione curata venne pubblicata nel 1925 dalla Clarendon Press e anche questa fu considerata un testo fondamentale in ambito filologico[20].

L’entità di queste due opere contribuì certamente alla nomina di Tolkien come Rawlinson and Bosworth Professor of Anglo-Saxon al Pembroke College di Oxford nel 1925. La famiglia Tolkien, alla quale si erano aggiunti due nuovi membri: Michael Hilary Reuel (1920) e Christopher John Reuel (1924), si trasferì così a Oxford. Lì nacque il quarto e ultimo bambino di John Ronald ed Edith Tolkien: Priscilla Mary Reuel, classe 1929. Tra i lavori di Oxford che contribuirono alla sua fama in campo filologico vanno ricordati l’articolo del 1929 Ancrene Wisse and Hali Meiðhad: uno studio su due varianti linguistiche di Ancrene Wisse, un manuale monastico per anacoreti scritto in medio inglese nel XIII secolo, e un’edizione critica dello stesso testo pubblicata nel 1962 [21]. Altra importante pubblicazione fu il saggio Chaucher as a Philologist: The Reeve’s Tale sui dialetti in medio inglese presenti nei Racconti di Canterbury (The Canterbury Tales) di Geoffrey Chaucer. Il testo fu pensato originariamente come lettura per un incontro della Philological Society nel 1931 e, successivamente, venne stampato nel 1934[22].

Il contributo maggiore che Tolkien diede alla comunità filologica fu indubbiamente la conferenza Beowulf: the Monsters and the Critics, che tenne il 25 novembre 1936 alla British Academy e il cui testo venne pubblicato l’anno seguente. La lezione era una critica sul metodo di analisi del Beowulf da parte degli accademici: il testo non doveva essere considerato solamente come un documento storico di linguistica ma come il poema epico che era, con le sue figure eroiche e i suoi mostri resi maestosi dalla potenza delle scelte linguistiche del poeta[23]. Questo saggio è considerato ancora oggi una pietra miliare della critica al Beowulf. Delle pubblicazioni uscite postume fanno parte le traduzioni dei poemi in medio inglese Pearl (Perle) e Sir Orfeo (Sir Orfeo), pubblicate insieme a Sir Gawain postumi e a cura di Christopher Tolkien. Esse sono un chiaro esempio dell’idea di Tolkien che la lingua dovesse essere lo strumento attraverso il quale interpretare la letteratura[24]. Recentemente è stata stampata una traduzione del Beowulf, sempre a cura di Christopher Tolkien[25]. Altri scritti di materia filologica, ma che non possono essere considerati studi di critica, sono i due racconti The Fall of Arthur e Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm (The Homecoming of Beorhtnoth Beorhthelm’s Son). Entrambi sono esempi di scrittura creativa basati su leggende e testi anglosassoni: il primo è una rielaborazione del ciclo arturiano, mentre l’altro è il seguito del poema La battaglia di Maldon

4. La fortuna come scrittore

Parallelamente alla carriera accademica, Tolkien visse una seconda vita come scrittore di romanzi fantasy. Avendo una vivida immaginazione, sfruttò le sue capacità di cantastorie per incantare i suoi figli. I quattro bambini furono, infatti, i primi uditori delle avventure di Tom Bombadil, uno spirito della foresta presente nel Signore degli Anelli e in una raccolta di poesie a lui dedicate intitolata Le avventure di Tom Bombadil (The Adventures of Tom Bombadil). Questo personaggio gli fu ispirato da uno dei giocattoli dei figli e perciò fu uno dei loro preferiti[26]. Un altro personaggio che i bambini amarono fu Babbo Natale. Non esattamente una sua invenzione, Tolkien si impadronì della figura natalizia per creare storie che dilettassero i figli. La mattina di ogni Natale in casa Tolkien veniva recapitata infatti una lettera proveniente dal Polo Nord, in cui Babbo Natale narrava le rocambolesche avventure che, ogni anno, capitavano a lui e ai suoi elfi aiutanti e che rischiavano di compromettere il Natale. Alcune di queste lettere furono raccolte e pubblicate nel libro postumo Le lettere di Babbo Natale (The Father Christmas Letters)[27].

Ci furono altri personaggi che rallegrarono l’infanzia dei bambini, ma quello che gli diede la fama come autore di libri per bambini prima e di scrittore fantasy dopo fu Bilbo Baggins. Bilbo comparì per la prima volta come protagonista del libro Lo Hobbit. L’idea per questa storia capitò per caso, un giorno, mentre il professore stava correggendo degli esami. Davanti a sé ritrovò un foglio bianco e lui lo riempì con una frase: «In un buco sotto terra viveva uno hobbit». Questo divenne il famoso incipit del suo primo romanzo, la cui pubblicazione avvenne per puro caso: una volta terminato il manoscritto, fu prestato a una suora e lei lo mostrò a sua volta a un’impiegata della casa editrice Allen & Unwin. Il testo venne fatto leggere al figlio di uno dei proprietari dell’azienda, Rayner Unwin, al quale piacque moltissimo. Fu grazie all’entusiasmo di quel bambino che iniziarono le trattative per pubblicare il libro che uscì nel 1937. Da quel momento, fra Tolkien e Unwin iniziò una stretta collaborazione tra scrittore e recensore[28].

Rayner fu essenziale come lettore-critico anche per la pubblicazione de Il Signore degli Anelli. Dato l’enorme e inaspettato successo de Lo Hobbit, l’editore ne chiese il seguito. Tolkien propose una selezione dei racconti leggendari ambientati nella Terra di Mezzo a cui stava lavorando fin dalla creazione di Eärendil, ciò che poi diventerà Il Silmarillion (The Silmarillion), ma venne respinto[29]. Sull’onda delle pressanti richiesti della casa editrice e dei fan, Tolkien iniziò a lavorare al seguito de Lo Hobbit: Il Signore degli Anelli. Gli ci vollero dodici anni per terminarne la stesura.

Il Signore degli Anelli era completamente diverso dall’opera precedente. Il protagonista non era più Bilbo, ma suo nipote Frodo Baggins, e il pubblico a cui si rivolgeva non erano più i bambini. La materia di cui trattava era infatti più cupa e terrorizzante, come Tolkien fece notare più volte all’editore[30]. L’autore ipotizzò che il probabile motivo di questo cambiamento di tono poteva essere dovuto al momento storico in cui stava scrivendo[31]: l’Europa era infatti scossa dalle dittature nazifasciste e da una nuova guerra mondiale, ancora più sanguinosa e terrificante di quella in cui prese parte Tolkien. Un’altra differenza del nuovo romanzo con Lo Hobbit fu la lunghezza. Il Signore degli Anelli superava le mille pagine, così la casa editrice optò per spezzarlo in tre parti e venderlo come se fosse una trilogia di fatto.

Inizialmente Tolkien fu contrario alla proposta, ma pur di vedere la sua opera pubblicata, acconsentì[32]. Il primo volume, La Compagnia dell’Anello, uscì nell’estate 1954 con una misera tiratura di tremila copie, dato che l’editore non si aspettava un’elevata richiesta. Invece, la domanda fu tale da ordinare una ristampa dopo sole sei settimane, grazie anche alle recensioni positive[33]. A metà novembre dello stesso anno uscì il secondo capitolo della saga, Le due Torri, con una tiratura poco più numerosa rispetto a quella del primo libro e, quasi un anno dopo, arrivò il volume finale, Il ritorno del Re, con una tiratura di circa il doppio rispetto a quella del precedente capitolo[34]. Il successo fu travolgente.

5. Gli ultimi anni

Nel 1968, all’età di settantasei anni, Tolkien e sua moglie si trasferirono a Bournemouth, sulla costa, per evitare le continue lettere o le visite degli ammiratori dello scrittore che erano diventate insopportabili per la coppia[35]. Vissero felicemente là fino alla morte di Edith il 29 novembre 1971[36]. Senza più un motivo per restare a Bournemouth, Tolkien tornò a Oxford, dove riprese a frequentare gli ambienti accademici[37]. Nel 1973 vi tornò per far visita a degli amici, ma durante la cena di ritrovo non si sentì bene e venne ricoverato in ospedale per un attacco di ulcera gastrointestinale folgorante. L’emorragia era più grave del previsto, infatti lo condusse alla morte il 2 settembre 1973, alla veneranda età di ottantun anni[38].

La fortuna di Tolkien come scrittore non si esaurì con la sua morte. La sua fama continuò a crescere nei decenni successivi, grazie anche al ritrovamento e alla pubblicazione periodica di materiale inedito a cura del figlio Christopher (1924-2020). Il più rilevante fra tutti è Il Silmarillion: i miti della creazione della Terra di Mezzo che Tolkien aveva tanto agognato di vedere pubblicati, senza successo, e che vennero dato finalmente alle stampe postumi, nel 1977[39].

Bibliografia

[1] J. R. R. Tolkien, La realtà in trasparenza. Lettere 1914-1973, a cura di H. Carpenter e C. Tolkien, tr. it. di C. De Grandis, Bompiani, Milano 2001, p. 465, Lettera n. 329

[2] H. Carpenter,  J. R. R. Tolkien. La Biografia, tr. it. di A. Monda, introduzione di Oriana Palusci, Fanucci Editore, Roma, 2002, pp. 46-47

[3] J. R. R. Tolkien, La realtà in trasparenza, cit., p. 266, Lettera n. 181

[4] E. Lodigiani, Invito alla lettura di Tolkien, Mursia Editore, Milano, 1982, p. 14

[5] H. Carpenter, Biografia, cit., p. 49

[6] Ibidem, pp. 57-58, 60

[7] Ibidem, p. 80

[8] H. Carpenter, Biografia, cit., p. 88

[9] E. Lodigiani, Invito alla lettura di Tolkien, cit., p. 16

[10] H. Carpenter, Biografia, cit., pp. 96-97

[11] Ibidem, pp. 115-117

[12] J. Garth, Tolkien e la Grande Guerra. La soglia della Terra di Mezzo, tr. it. di R. Arduini, G. Canzonieri, L. Gammarelli e A. Ladavas, Marietti 1820, Genova-Milano, 2007, p. 250

[13] E. Lodigiani, Invito alla lettura di Tolkien, cit., pp. 17-18

[14] J. Garth, Tolkien e la Grande Guerra, cit., pp. 266-267

[15] Ibidem, p. 55

[16] Ibidem, p. 320

[17] E. Lodigiani, Invito alla lettura di Tolkien, cit., p. 18

[18] Ibidem, p. 143

[19] H. Carpenter, Biografia, cit., pp. 146-148

[20] Ibidem, p. 147

[21] Ibidem, p. 182

[22] Ibidem, p.183

[23] Wu Ming 4, Difendere la Terra di Mezzo. Scritti su J. R. R. Tolkien, Odoya, Bologna, 2013, pp. 16-17

[24] H. Carpenter, Biografia, cit., pp. 186-187

[25] Nel 2002 venne ritrovata alla Bodleain Library di Oxford una scatola contenente materiale di J. R. R. Tolkien sul Beowulf. Tra i documenti, scritti probabilmente tra il 1936 e il 1940, vi era una traduzione con parafrasi del poema. Cfr. G. De Turris, Introduzione in J. R. R. Tolkien, Il medioevo e il fantastico, a cura di C. Tolkien, introduzione di G. De Turris, tr. it. di C. Donà, Bompiani, Milano, 2016 (1° ed. per Bompiani 2003), p. 8

[26] H. Carpenter, Biografia, cit., p. 212

[27] Ibidem, pp. 214-215

[28] J. R. R. Tolkien, La realtà in trasparenza, cit,  p. 244 (Lettera n. 163)

[29] H. Carpenter, Biografia, cit., p. 238

[30] J. R. R. Tolkien, La realtà in trasparenza, cit, pp. 49, 68 (Lettera n. 34, 47)

[31] «Questa nostra epoca così buia ha sicuramente influito sulla storia». Ibidem, p. 49 (Lettera n. 34)

[32] H. Carpenter, Biografia, cit., p. 277

[33] Ibidem, pp. 278, 280

[34] Wu Ming 4, Difendere la Terra di Mezzo, cit., p.34

[35] H. Carpenter, Biografia, p. 309

[36] Ibidem, p. 317

[37] Ibidem, p. 319

[38] Ibidem, pp. 322-323

[39] Wu Ming 4, Difendere la Terra di Mezzo, cit., p. 56