Nota 170 – Tolkien e il cockney
di Emilio Patavini e Alessandra Olivieri, a cura di Greta Bertani
Quando si parla di cockney spesso ci si riferisce a un particolare accento londinese e a un determinato slang, incomprensibile non solo agli stranieri, ma anche a molti inglesi. Originariamente “cockney” si riferiva alle persone nate e cresciute entro il suono delle Bow Bells (le campane della chiesa di St. Mary-at-Bow, situata nella parte est della città). Ora il termine si riferisce soprattutto a uno slang in rima introdotto nel XIX secolo da commercianti, lavoratori portuali e vetturini che abitavano nell’East End di Londra, zona in cui si concentrava la classe operaia. Non è propriamente un dialetto, poiché esso riflette piuttosto un certo tipo di humour, lo spirito cockney, brillante e vivace. Esempi di rime in cockney sono “ear – bottle of beer”, “nose – Irish rose”, “wife – trouble and strife”.
Sull’uso del cockney ne Lo Hobbit John D. Rateliff, nota “i troll che Bilbo incontra ne Lo Hobbit, [che] parlano tutti un comico slang cockney diversamente dal modo di parlare corretto e piuttosto formale di Bilbo. Potrebbe sembrare strano, di primo acchito, che Berto, Maso e Guglielmo parlino cockney anziché qualche dialetto rustico e rurale. Il successivo personaggio di Sam Gamgee dimostra che Tolkien poteva scrivere [in modo] comico-rustico molto bene: perché, allora, assegnò un dialetto urbano come il cockney, la parlata dei londinesi di bassa estrazione sociale, a questi troll […]?”[1]
[1] D. Rateliff, The History of the Hobbit, Part One: Mr. Baggins, Harper Collins, London 2007, p. 102. Cfr. anche D.A. Anderson (annotated by), The Annotated Hobbit, Houghton Mifflin Company, Boston-New York 2022, p. 70.