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Nota 124 - Tolkien ed Éarendel

di Alessandra Olivieri e Virginia Cavalli, Emilio Patavini e Mauro Toninelli, a cura di Greta Bertani

Una traduzione adeguata di “Éarendel” risulta difficile, ma è evidente che si faccia riferimento ad una stella luminosa, probabilmente la stessa di Örvandels-tá, il dito di Aurvandill menzionato nell’Edda. Si narra che Thor portò via Aurvandill dalla terra dei giganti in un cesto; il dito del piede di Aurvandill, che sporgeva dal cesto, si congelò. Thor lo staccò e lo lanciò verso il cielo, facendone una stella[1]. Che la storia di Aurvandill sia stata cristianizzata in epoca medievale è attestato dal poema epico tedesco su Orendel, contenuto negli Heldenbücher, i Libri degli eroi risalenti al XIV secolo, in cui l’eroe ottiene il mantello senza cuciture del suo padrone, con riferimento alla Sacra Tunica. “Éarendel” viene riportata nel glossario di Épinal con il termine latino jŭbar, lo splendore dei corpi celesti[2]. Anche lo spelling “Oerendil” nel glossario di Erfurt è interessante. Sembrerebbe probabile che “Éarendel” stia per Orione, la costellazione più luminosa in inverno, e Örvandels-tá possa corrispondere a Rigel, stella principale della costellazione[3]. Si ricordano, inoltre, le seguenti forme: antico alto-tedesco “Orentil”, medio alto-tedesco “Orendel”, e longobardo “Auriwandalo”.

Scrive Tolkien nella Lettera 297: Il prestito, quando capita (non spesso) riguarda semplicemente i suoni che vengono poi integrati in una nuova costruzione; e solo nel caso di Eärendil il riferimento alla fonte può gettare una luce sulle leggende o sul loro ‘significato’, e anche in questo caso la luce non è molta. L’uso di éarendel nel simbolismo cristiano anglo-sassone come araldo del sorgere del vero Sole in Cristo è completamente alieno al mio modo di pensare.

Sono i celebri versi del Christ I, o L’Avvento, poema anglosassone attribuito a Cynewulf, che si firma in caratteri runici verso la fine del Christ II. Infatti, [n]el giugno del 1914, alla fine del terzo anno, [Tolkien] prese in prestito dalla biblioteca dell’Exeter un’antologia in tre volumi di poesia anglosassone da leggere durante le vacanze estive. Fu una citazione nel glossario a colpirlo, una frase del poema inglese antico noto come Christ I[4]. Quello fu per lui un punto di svolta, il momento fondamentale nello sviluppo della sua mitologia[5], come lo ha definito Carl Phelpstead.

Più tardi Tolkien scriverà di quella vera e propria folgorazione, la scintilla da cui ebbe inizio l’epopea letteraria del legendarium: Avvertii un brivido singolare, come se qualche cosa si fosse mosso dentro di me e mi fossi a metà risvegliato dal sonno. Qualcosa di molto lontano, di estraneo e di molto bello si nascondeva dietro quelle parole, se io solo lo avessi potuto afferrare, nella lontananza, dietro l’inglese antico[6]. Secondo John Garth[7], il libro da cui Tolkien lesse quei fatidici versi era la Bibliothek der angelsächsichen Poesie di Grein-Wülker (G.H. Wigand, Kassel 1883-98). I versi in questione sono i vv. 104-5 del Christ I:

Éala Éarendel, engla beorhtast, 

ofer middangeard monnum sended

Una traduzione letterale suonerebbe così: O Éarendel, il più splendente degli angeli, / sulla Terra di Mezzo inviato tra gli uomini. In una nota alla Lettera 297, Tolkien spiega: Spesso si è pensato che [Éarendel] si riferisse a Cristo (o a Maria), ma il confronto con Bl[ickling] Hom[ilies] suggerisce che il riferimento sia al Battista. Tolkien conclude quindi che i versi si riferiscono a un araldo, e messaggero divino e non a Cristo o a Maria. Éarendel si riferisce, infatti, alla stella che precede l’alba (un messaggero, come l’alba che precede la venuta di Cristo, inteso come vero sole); perciò, secondo Tolkien, la parola indica Venere, la Stella del Mattino, e si riferisce metaforicamente a Giovanni il Battista[8]. Gli antichi, infatti, consideravano Venere una stella per via della sua luminosità prima dell’alba, e per questo la chiamavano “Stella del Mattino”.

Per approfondire si veda anche: 

C.F. Hostetter, “Over Middle-earth Sent Unto Men: On the Philological Origins of Tolkien’s Eärendel Myth” in Mythlore Vol. 17, No. 3, Article 1.

[1] Cfr. J. Grimm, Mitologia tedesca, 1a ed. tedesca, 1835.

[2] C.T. Lewis, C. Short, A Latin Dictionary (consultabile su https://www.perseus.tufts.edu/hopper).

[3] I. Gollancz (curato da), Cynewulf Christ, an eighth century English epic, published by D. Nutt, London 1892.

[4] C. McIlwaine, Tolkien. Il creatore della Terra di Mezzo, Mondadori, Milano 2020, p. 202.

[5] C. Phelpstead, “Christ: ‘Advent Lyrics’” in M.D.C. Drout (ed.), J.R.R. Tolkien Encyclopedia: Scholarship and Critical Assessment, Routledge, New York-London 2007, p. 99.

[6] U. Killer (a cura di), Antologia di J.R.R. Tolkien, Bompiani, Milano 2002, p. 405.

[7] J. Garth, Tolkien at Exeter College, Exeter College, Oxford 2014, p. 31.

[8] C. Phelpstead, “Christ: ‘Advent Lyrics’” in M.D.C. Drout (ed.), J.R.R. Tolkien Encyclopedia, op. cit., p. 99.