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Nota 66 – Traduzione di wizard in italiano

a cura di Greta Bertani, sulla base di una discussione tra i commentatori dell’opera

Nella sua traduzione di Tolkien e il Silmarillion, il traduttore Luca Manini ha scelto di usare il termine “mago” per tradurre “wizard”. Naturalmente, la scelta non è errata e si rispetta la volontà e la professionalità del traduttore. Tuttavia si ritiene necessario fare di seguito alcune notazioni sul termine inglese e sui suoi possibili traducenti italiani, poiché la questione in italiano non è di semplice soluzione, dal momento che i termini che la nostra lingua ci mette a disposizione non veicolano appieno il significato che Tolkien voleva esprimere. Questo approfondimento non vuole dare una soluzione o una risposta definitiva, ma piuttosto presentare al lettore la questione nella sua complessità e fornire degli strumenti minimi per formarsi un giudizio personale, laddove non esiste un traducente che copra al cento per cento il campo semantico di wizard.

Poiché Tolkien era un filologo, è buona cosa partire dall’etimologia della parola wizard, del suo significato antico, che egli recupera:

wizard all’inizio del XV sec. significava “filosofo, saggio”, e derivava direttamente dall’inglese medio wys, “saggio” (si veda l’aggettivo inglese wise) unito alla desinenza -ard[1], un rafforzativo. Il significato di base era probabilmenteconoscere il futuro”. Il significato di persona con poteri magici, esperto di scienze occultenon apparve in modo netto fino al 1550 circa, poiché nel Medioevo non si distingueva in modo netto tra filosofia e magia[2].

Anche il nome che Tolkien sceglie in Quenya, Istar, conferma il significato di base riferito alla saggezza, in quanto è una forma agentiva del verbo ista-, che equivale a to know, “conoscere”, e si traduce con “sapiente”.

In italiano le due parole che traducono wizard sono “mago” e “stregone”[3].

Mago deriva dal greco magos (μάγος, plurale μάγοι), “sapiente”, a sua volta derivato dal persiano antico magu, “grande”. Si trattava della classe sacerdotale dell’antica Persia. I maghi si intendevano di scienze, e specialmente di quelle occulte, erano interpreti dei sogni, medici, negromanti[4]. Si pensi ai Magi di cui si parla nei Vangeli. Successivamente, le composizioni medievali ed i poemi cavallereschi del Rinascimento contribuiscono a mettere in evidenza l’aspetto legato alle arti magiche, piuttosto che alla sapienza.

Stregone deriva, invece, da strega, ed è strettamente collegato all’uso della magia nera[5]

Entrambi i traducenti quindi, nell’italiano attuale veicolano un significato piuttosto lontano da quanto Tolkien aveva in mente per wizard, “saggio”, poiché mago, che pur in passato aveva questa accezione, nell’uso contemporaneo si è ormai caricato di troppi significati lontani da “saggio”.

Si ritiene necessario anche sottolineare che in Sulle Fiabe[6] Tolkien usa il termine magician (anch’esso traducibile con mago) per indicare quella funzione distorta del “mago” del fantasy post tolkieniano.

In conclusione, sia “mago” sia “stregone” sono in certo senso traduzioni fuorvianti e possono indurre il lettore a vedere la magia come il tratto distintivo principale di un Istar, mentre non è che una manifestazione delle sue facoltà di creatura spirituale incarnata[7]. Si tratta infatti di un wise man che compie wonders, meraviglie, portenti che taluni prendono per “magia” non conoscendo la vera origine degli Istari (Maiar, cioè elevate creature spirituali incarnate in corpi di uomini; per questo motivo è molto difficile per i mortali identificarli nel loro vero essere e identificare l’essenza delle meraviglie da loro compiute). La magia è invece manipolazione della realtà in violazione delle sue regole e in base a una sapienza di tipo gnostico, ma che non appartiene, in origine, agli Istari (è questo il tradimento di Saruman)[8].

Quindi i wizards di Tolkien non sono i maghi così come sono concepiti nell’immaginario fantasy odierno, né tantomeno sono maghi “alla Harry Potter”, ma anche il termine stregone appare altrettanto scorretto, per il suo rimando alla magia nera. 

Non volendo dare una facile soluzione, poiché non esiste, ma consapevoli che un traduttore deve, giocoforza, scegliere “il male minore”, qui ci si è limitati a rappresentare in modo molto conciso e non certo esaustivo parte delle problematiche che un traduttore può incontrare.

[1] La desinenza -ard forma il secondo elemento in molti nomi personali e funge da rafforzativo. Nel medio alto tedesco e in olandese ha significato peggiorativo, che passa nel medio inglese in parole come in bastard (bastardo), coward (codardo), blaffard (balbuziente), buzzard (avvoltoio), drunkard (alcolizzato) ecc.

[3] Nella traduzione de Il Signore degli Anelli, V. Alliata usa “stregone”, mentre O. Fatica usa il termine “mago”.

[6] “La Fantasia aspira all’abilità elfica, all’Incantesimo, e quando riesce, gli si avvicina più di tutte le forme umane di Arte. Nel cuore di molte storie sugli esseri fatati elaborate da esseri umani si trova, scoperto o nascosto, puro o mescolato ad altri elementi, il desiderio di un’arte sub-creativa vivente e realizzata, che (per quanto esteriormente possa somigliarle) è interiormente del tutto diversa dall’egocentrica bramosia di potere che costituisce il marchio caratteristico del Mago puro e semplice.” J.R.R. Tolkien, “Sulle Fiabe” in Il medioevo e il fantastico, Luni Editrice, Trento 2000, p. 212.

[7] Si ricorda che gli Istari erano dei Maiar, creature celesti di secondo ordine, che avevano facoltà di assumere un corpo incarnato.

[8] Cfr. G. Scattolini, Guidami luce gentile. Fede e ragione in J. R. R. Tolkien, L’Arco e la Corte, Bari 2022.