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Il cacciatore di draghi

Scheda bibliografica

di Daniela D'Alessandro
Informazioni Bibliografiche

Titolo: Il cacciatore di draghi
Titolo originale: Farmer Giles of Ham
Autore: J.R.R. Tolkien
Anno di pubblicazione: 1949 – Allen&Unwin
Anno di pubblicazione in Italia: 1975 – Einaudi | 1998 – Rusconi | 2005 – Bompiani

L’edizione Bompiani 2005 presenta, oltre al racconto, la prima versione manoscritta e un ipotetico seguito secondo cui, a Mastro Giles divenuto Re, succedette il figlio Georgius Draconarius, abile e robusto e spesso impegnato in missioni contro certi stranieri delle terre lontane. Prima di essere nominato Re, si narra che avesse una ragazza che viveva a Nord e, un giorno, recandosi da lei fu catturato (probabilmente tradito dalla stessa) dalla guardia di Bonifacius che ancora resisteva nel Regno, in cambio di un riscatto che Giles rifiutò. Riuscito a scappare dalla prigione, s’imbatté nel Gigante Caurus che, scoperto di chi fosse figlio, fu con lui molto cattivo e dovette pagare caro quando Crysophylax, convinto dal guardiano di porci Suet, si presentò alla sua dimora e gli diede filo da torcere. Intanto iniziò la battaglia contro gli uomini del Regno di Mezzo che, alla fine, fu confiscato dal Re Ægidius che poté, quindi, riposare fino alla fine dei suoi giorni, quando il figlio fu nominato Re e Suet, suo diretto erede, dal momento che non convolò mai a nozze, avendo perso fiducia nelle donne.

La Storia

Sull’Isola di Britannia, in un tempo non ben specificato, viveva Ægidius Ahenobarbus Julius Agricola de Hammo, meglio conosciuto come il Fattore Giles di Ham. Posato, abitudinario e preso dai suoi affari, poco gli importava di cosa accadesse nel vasto mondo, oltre le Colline Selvagge e, con il suo cane Garm a far da guardia, passava le giornate a procurarsi da vivere.

Al di là della sua terra, vivevano i Giganti e uno in particolare, il più sciocco fra tutti, procurava danni al villaggio ogni qual volta sconfinava: distruggeva case col suo testone e lasciava enormi buche con i suoi piedi. Una notte accadde che questo si perse, spingendosi troppo oltre le sue terre e si avvicinò alla fattoria di Giles, calpestandone siepi, raccolti e foraggi. Garm, sentendo dei tonfi risalire lungo il versante del fiume, corse dal Fattore per avvisarlo che il gigante stava calpestando la sua mandria. Tra il fastidio, la rabbia e il tedio della moglie svegliata nel cuore della notte, Giles si convinse a controllare nei dintorni, dopo aver imbracciato il suo schioppo, un raro fucile dalla bocca ampia che sparava qualsiasi cosa ci si mettesse dentro. Giunto davanti al Gigante e colto da terrore, vibrò un colpo nell’aria e, solo per un caso fortuito, lo colpì in viso: i cocci di terracotta e i chiodi con cui aveva riempito il fucile gli si conficcarono negli occhi e nel naso e, scambiandoli per punture di insetti, decise di non proseguire oltre e tornare indietro per cercare la strada di casa, portando con sé due malcapitate pecore come spuntino. La gente del villaggio aveva assistito a tutta la scena e ora festeggiava, chiamando a gran voce il nome di Giles.

La notizia, ben presto, si diffuse nei dintorni e, come spesso accade, fu gonfiata e molto romanzata. Giunse alla corte del Re Augustus Bonifacius che, dopo circa tre mesi, inviò una lettera a Giles, l’eroe delle campagne, accompagnata da una cintura e una spada.

Nel Regno di Mezzo c’era un’usanza per il banchetto di Natale: servire la coda di un drago abbattuto da un prode cavaliere, ma ormai di draghi non se ne vedevano più e, al Cuoco Reale, toccava preparare una finta coda di pan di spagna e marzapane, decorata con scaglie di glassa.

Per la gente dell’Isola tutto procedeva bene, fino a quando non arrivò il drago. Il Gigante aveva iniziato a raccontare ai suoi simili di quelle terre a est piene di mandrie e colture, abitate solo da fastidiosi insetti che pungevano gli occhi e ti si infilavano nel naso. Quando sopraggiunse l’inverno particolarmente rigido, i draghi affamati rizzarono le orecchie, fra tutti Crysophylax Dives. Era un drago “di antico lignaggio imperiale, molto ricco, astuto, infido, avido, ben corazzato, ma non troppo coraggioso”. La settimana prima di Natale, si alzò in volo e atterrò nel bel mezzo del Regno, al di là delle Rocce Ritte, facendo razzia di bestiame, distruggendo i campi e uccidendo, quasi, il povero Garm che era solito allontanarsi molto da casa per le sue passeggiate notturne. Sfuggito per un pelo al soffio cocente del drago, si era precipitato a casa di Giles e gli aveva raccontato tutto, destando una certa indifferenza perché il Fattore, era avvezzo ai fatti altrui. Che se ne occupassero i Cavalieri! Questi, però, sembravano non prendere sul serio la richiesta del Re di rimediare alla situazione, anche perché il cuoco aveva già preparato la finta Coda e sarebbe stato disdicevole rovinare i preparativi del pranzo di Natale portando una vera coda di drago.

Giunto Capodanno, il drago si avvicinò indisturbato al villaggio di Ham e i villici iniziarono a bisbigliare alle spalle di Giles che, infastidito, se la prese con i Cavalieri del Re che non adempivano ai loro compiti e, a chi gli dava del Cavaliere in grado di abbattere il drago con la spada che gli era stata donata, rispondeva che era necessaria l’investitura per essere veri Cavalieri. Inutile dire che la gente del villaggio si organizzò perché ciò avvenisse.

Il giorno dopo, Crysophylax volò sul vicino villaggio di Quercetum e mangiò non solo pecore e mucche, ma anche il povero parroco. La gente incalzò sempre più Giles che, ogni giorno, trovava una scusa per non partire alla caccia del drago. Allora, il parroco di Ham, si fermò a casa sua per persuaderlo e volle vedere la spada che il Fattore aveva chiuso nella credenza, come per allontanare la vaga ipotesi di affrontare la bestia alata. Successe qualcosa di molto strano quella sera, perché ogni qualvolta il parroco cercasse di rinfoderarla, la spada saltava fuori. Guardò il fodero, vi trovò delle iscrizioni che solo uno erudito come lui avrebbe potuto interpretare e scoprì che era la famosa Caudimordax di Bellomarius, il più grande uccisore di draghi e, con un drago nei paraggi, sarebbe saltata fuori pronta a essere utilizzata.

Colto alla sprovvista, e dopo aver bevuto più birre del solito, Giles si convinse a partire dopo che Sam l’Allegro, fabbro ferraio del villaggio, gli mise a punto l’elmo e la cotta di maglia meglio di quanto potessero fare i Nani. Partì il giorno dell’Epifania in sella alla sua giumenta e con Garm al seguito, per nulla felice.

Oltrepassate le terre conosciute, Giles lo vide proprio davanti ai suoi occhi, assopito. Garm fece un balzo dietro alla giumenta che piantò gli zoccoli nel terreno e fece cadere il fattore in un fosso. Il rumore metallico della sua cotta svegliò il drago a cui, nel frattempo, era tornato l’appetito. Scambiando Giles per un prode cavaliere e senza alcuna voglia di combattere contro la Spada che gli si era puntata contro il muso, Crysophylax il Ricco, (così si presentò) cercò di mediare e tessere un qualche tranello al povero fattore che voleva solo tornare a casa sua avendo, pensava, fatto più del necessario.

Stanco delle chiacchiere del Drago, Giles gli ferì un’ala, costringendo la bestia a strisciare tra i campi e maledire il Gigante che gli aveva assicurato che in quella parte del Regno non c’erano Cavalieri. Il Fattore lo spinse fino al villaggio di Ham dove, attaccato dai villici, promise loro ingenti somme di denaro e sacchi di diamanti pur di aver salva la vita. Nessuno vide il ghigno di soddisfazione e divertimento sul muso del Drago mentre prometteva ricchezze per tutti, a parte il fabbro ferraio che non si fidava delle sue parole e rischiò, per la poca fiducia, di essere estromesso dalla spartizione del bottino. Sotto richiesta del Parroco, il Drago giurò di tornare ad Ham nei giorni di Sant’Ilario e San Felice con tutto ciò che avevano pattuito e di non tornare mai più, piangendo a calde lacrime la sua rovina.

Quattro giorni dopo, nel villaggio giunse il Re che aveva saputo tutto ed era interessato al denaro che sarebbe arrivato ad Ham più che al resto perché, come disse, spettava a lui di diritto in quanto Signore di quelle terre e perchè, sicuramente, centinaia di anni prima era stato rubato ai suoi antenati. Promise, comunque, una ricompensa al Fattore e un contentino agli abitanti che si pentirono di non aver accettato quelle dieci sterline che Crysophylax voleva dar loro senza compromesso alcuno.

Il Re decise di aspettare il Drago e si accampò nel villaggio con la sua Corte che mangiò e bevve tutto quello che gli abitanti avevano a disposizione, fino al fatidico giorno, quando nessuno volò nel cielo o strisciò tra i raccolti. Il Re andò su tutte le furie e lasciò Ham nello sconforto generale, tranne che per il fabbro, soddisfatto di averci visto lungo, e Giles che contava, almeno, di esser nominato Cavaliere in via del tutto ufficiale. Dopo una settimana, da Palazzo arrivarono tre brevi missive, una indirizzata al Fattore, una al Parroco e una da affiggere alla porta della chiesa. Il Parroco fu l’unico in grado di interpretare la difficile lingua di Corte e ne comunicò il contenuto ai cittadini i quali scoprirono che il Re aveva indetto una caccia al Drago a cui avrebbero partecipato tutti i Cavalieri del Regno, non appena Mastro Ægidius si fosse presentato da sua Maestà, avendo dato prova di grande coraggio contro draghi, giganti e altri nemici della pace. Fu così che Giles partì, mettendo nella sua bisaccia una lunga corda, sotto consiglio del Parroco che presagiva potesse servirgli. E non per impiccarsi, come il Fattore aveva suggerito.

A Palazzo, lo accolse una schiera di Cavalieri Reali che si misero subito in viaggio verso le lande desolate abitate da creature leggendarie. Dopo giorni di viaggio senza sosta alcuna, si trovarono a calpestare un terreno grigio e polveroso, reso impervio da sassi e rocce, faticoso da percorrere tanto che la giumenta di Giles si ruppe una zampa e i due (con somma felicità del Fattore) finirono in coda alla schiera disordinata di Cavalieri, cavalli da soma e servi. Davanti ai loro occhi si palesò il drago che, giocando in casa, non temporeggiò, ma attaccò subito sbuffando e soffiando, mangiando molti uomini e facendone scappare altri. I due non si mossero, anzi, la vecchia giumenta piantò gli zoccoli nel terreno e sbuffò a sua volta perché temeva, correndo via, di rompersi anche l’altra zampa e perché, del resto, conosceva già il suo nemico che si trovò, a un palmo dal muso, Mordicoda sgusciata via dal fodero. Senza indugio, Giles lo spinse verso le porte della Montagna sul versante occidentale, dove il Drago custodiva i suoi tesori e lo costrinse a rendergli quanto aveva promesso al villaggio quasi un mese prima. Crysophylax entrò più volte nel suo ricco antro tra l’audacia dell’improvvisato Cavaliere e la preoccupazione della giumenta che non sapeva sarebbe riuscita a portare ad Ham tutti quei tesori. La creatura, pungolato dalla spada e quasi a corto di ricchezze, promise di portare il tesoro direttamente alla fattoria di Giles e di aiutarlo a conservarlo, al sicuro dall’avarizia di Augustus Bonifacius, se solo il Fattore gli avesse permesso di tenere per sé una parte dell’oro. Stavolta il Fattore non contrattò oltre: riempì le tasche di gioielli, diede alla giumenta un piccolo carico, legò le ali del drago con la corda che il Parroco gli aveva consigliato di portar con sé e lo caricò di casse e sacchi fino a farlo sembrare un carro da riporto. Sulla via del ritorno, incontrarono un manipolo di Cavalieri che si erano perduti fuggendo via e Giles vi si mise alla testa, promettendo loro una retribuzione certa con quel che avanzava dal bottino a patto che di notte facessero la guardia a Crysophylax le cui zampe vennero picchettate nel terreno, per evitare potesse scappare. Nei pressi del villaggio furono accolti da canti e balli e ricoperti di cibo e bevande; alcuni ragazzi si offrirono di seguirli in corteo fino a casa di Mastro Ægidius, dove rimasero tranquilli per un po’. Si erano tenuti alla larga dal Palazzo Reale, ma la notizia dell’arrivo di Giles aveva risuonato con un’eco formidabile in tutto il Regno e il Re convocò più e più volte Giles per avere il suo tesoro. Nemmeno l’ipotesi della prigionia lo smosse e il Re, su tutte le furie, cavalcò ad Ham di persona, noncurante del affatto che ora, nel villaggio, il Fattore fosse una specie di eroe prediletto da proteggere a tutti i costi.

Era il giorno di San Mattia quando si tenne la battaglia del Ponte di Ham tra i diecimila Cavalieri che il Re aveva radunato e gli uomini di Giles che, dalla sua, aveva l’arma più potente del Regno di Mezzo, Crysophylax, che se ne stette appollaiato nel fiume fino a che non si mostrò in una nuvola di vapore, arpionò il cavallo bianco di Bonifacius e lo indusse alla resa.

Da quel giorno, nessuno più riconobbe il Re come tale e pian piano Giles divenne prima “Signore e Conte del Serpente Domo”, poi Principe Julius Ægidius e infine Re Ægidius Draconarius del Piccolo Regno. A questo punto, cessò il tributo di sei code di bue e una pinta di birra amara che versava, nell’anniversario della battaglia, al vecchio Re, i suoi fidati uomini furono nominati capitani, la giumenta finì i suoi giorni in pace e Garm ebbe un collare d’oro e la libertà di gironzolare indisturbato ovunque volesse. Ricompensò tutti durante il suo regno e da tutti fu onorato e rispettato fino alla vecchiaia accompagnata da fortuna e astuzia, compresi i più scettici le cui sorti cambiarono: il fabbro ferraio divenne becchino, il mugnaio servitore della Corona e il Parroco fu nominato Vescovo della Chiesa di Ham. Anche il Drago e la sua memoria furono adorati con la costruzione dell’Aula Draconaria nel luogo in cui aveva incontrato il vecchio Giles la prima volta, sulla cui torre sventolava, al di sopra degli alberi, lo stendardo del Drago.

Ma cosa ne fu di Crysophylax? Implorò di essere liberato dopo aver aiutato il suo benefattore che, volentieri, lo lasciò andare perché si dimostrò costoso da mantenere, dal momento che i draghi crescono finché c’è vita in loro. Si accomiatarono con stima e stringendo un patto di non aggressione. Tornato nella sua montagna, stanò e divorò un giovane drago usurpatore con boati che si udirono per tutta la Venedotia e un bel giorno, svegliatosi di soprassalto tra il suo oro, volò verso la terra dei Giganti, inveendo contro il più stupido di tutti e svelandogli che quello che lo aveva infastidito non era un insetto, ma lo schioppo di un fucile.