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Roverandom - Le avventure di un cane alato

Scheda bibliografica

di Daniela D'Alessandro
Informazioni Bibliografiche

Titolo: Roverandom – Le avventure di un cane alato
Titolo originale: Roverandom
Autore: J.R.R. Tolkien
Anno di pubblicazione: 1998 – Harper Collins
Anno di pubblicazione in Italia: 1998 – Rizzoli

La Storia

Rover era un piccolo cane a macchie bianche e nere. Un giorno, stava giocando in giardino con una palla gialla e non si accorse di un vecchio stregone che gli si avvicinò per sottrargli il giocattolo e trasformarlo in un osso o un’arancia da donargli.

Rover gli intimò di lasciare la sua palla abbaiando, ma poiché era ignorato dal vecchio cencioso, lo azzannò strappandogli parte dei calzoni e della gamba. Per ripicca, lo stregone trasformò Rover in giocattolo: all’improvviso, tutto divenne enorme e Rover si ritrovò immobile in posizione da elemosinante.

Qualcuno dovette trovare questo giocattolo abbandonato sul prato perché il cucciolo finì in una scatola piena di giocattoli ed essendo ben fatto, realistico nelle fattezze, fu messo in vendita a sei soldi nella vetrina di un negozio.

Nel momento in cui venne acquistato da una madre per il suo bambino, Rover si ripromise di scappare alla prima occasione, che si presentò la sera (quella specie di sortilegio del vecchio stregone si annullava, non si sa come, alla sera, quando Rover poteva muoversi nonostante le ridotte dimensioni). Quando il bambino andò a dormire e posò il suo cane giocattolo su una sedia accanto a letto, la finestra era aperta, ma per il cane, piccolo com’era, tutto era difficile, perfino salire gli scalini. Rover rinunciò a fuggire.

Il suo padroncino si chiamava Two e aveva due fratelli che, il giorno dopo, approfittando del bel tempo, scesero in spiaggia prima di colazione. Two portò Rover con sé credendo che il cane volesse prendere un po’ d’aria. Lo infilò nella tasca dei pantaloni e il giocattolo cominciò a dimenarsi a destra e manca perché voleva, in realtà, riposare in camera e meditare la fuga per la notte successiva, convinto questa volta di riuscire a tornare nel suo giardino e spezzare (non si sa come) l’incantesimo.

Fortuna o sfortuna volle che nella tasca dei pantaloni di Two ci fosse un fazzoletto appallottolato che spinse Rover a sporgere il muso fuori per annusare lo sconosciuto odore del mare quando, all’improvviso, sopraggiunse dall’alto un gabbiano che spaventò i bambini facendoli cadere e il giocattolo fu sbalzato fuori dalla tasca finendo sulla sabbia.

Il piccolo cane giocattolo si trovò in un tratto di costa strano, con sabbia dorata, ciottoli candidi e schiuma d’argento dove sembrava abitare un mago di prim’ordine molto saggio di nome Psamathos Psamathides, che trascorreva le ore del giorno sotto la sabbia calda per uscire di notte e tenere delle feste per tutti gli abitanti del mare.

Abbandonato lì nella sua triste posa da questuante e con la marea che si alzava, Rover si accorse di poter correre e abbaiare perché era tornato in forma animale, anche se molto più piccolo. Iniziò a correre e abbaiare, disturbando il sonno del mago che tirò la testa fuori dalla sabbia e lo sgridò.

Impaurito, Rover gli raccontò tutte le sue disavventure, ma Psamathos sapeva già tutto e conosceva anche Artaserse, lo stregone che aveva trasformato Rover in giocattolo. Il mago non poteva far tornare Rover alla grandezza naturale senza il permesso di Artaserse, ma volle aiutarlo a tornare a casa non prima di averlo sfamato con pane, ossi e acqua. Sazio, il piccolo cane si addormentò e al suo risveglio trovò il gabbiano Mew che lo avrebbe riportato a casa seguendo la scia della luna, non prima di aver fatto tappa dal più vecchio dei gabbiani dal dorso nero, per faccende che Rover ignorava ancora. Volare non fu piacevole e più volte il cagnolino sperò di mettere le zampe a terra sano e salvo, soprattutto quando il gabbiano volava in orizzontale ad ali spiegate. A un tratto, in lontananza, scorsero l’Isola dei Cani Smarriti, da cui saliva un concerto di latrati e guaiti: a Rover sarebbe piaciuto litigare con tutti quei cani contemporaneamente ma, piccolo com’era, non sarebbe stato il caso.

Giunti sulla Luna, conobbe l’Uomo-sulla-Luna che se ne stava sempre nel suo laboratorio e il suo cane di nome Rover, un cane girovago nato migliaia di anni prima di lui, che scappava sempre dappertutto fin quando un giorno, mentre rincorreva una farfalla, non precipitò oltre il limitare del mondo e fu salvato dal Mago. Dopo che al piccolo cane una volta giocattolo furono date un paio di ali, Rover decise di chiamarlo Roverandom.

Durante la permanenza sulla Luna, Roverandom ebbe modo di conoscere creature fantastiche come le falene drago, le mosche spada, i vetro coleotteri, gli unicorni albini, diverse specie di ragni onnivori e pipistrelli ombra. Scoprì inoltre diversi fiori come le campanelline, le lobelie, le fucsie, le noctiluche, le canne palustri, le erbe piumate e le felci.

Spesso i due cani girovagavano con il vecchio mago, ma questo il più delle volte se ne stava nel suo laboratorio a fabbricare sogni per l’altro lato della luna.

Un giorno i due si avvicinarono troppo al limite del lato buio, dove si trovano tutte le cose dimenticate, i ricordi diventavano confusi, le montagne si fanno grigie come la cenere e le valli tenebrose.

Cominciò a nevicare e far freddo e i cuccioli trovarono riparo in una caverna, ma il cane del mago ignorava che lì dimorasse il Grande Dragone Bianco che per un po’ aveva vissuto sulla terra: ai tempi di Merlino, aveva combattuto contro il Dragone Rosso a Caerdragon; all’epoca dei tre reami era in cima al monte Snowdown; dopo la caduta di Artù andò a vivere a Gwynfa e quindi sulla Luna.

Quando si accorse dei due cani, spiegò le ali e minacciò di mangiarli, cominciando a inseguirli. Sul punto di colpirli con i suoi lunghi artigli, l’Uomo-sulla-Luna lanciò un incantesimo verso il suo punto più debole, lo stomaco; il Grande Drago andò a sbattere contro la montagna e i due cani si infilarono veloci nella torre dalla finestra su tetto.

Avendo mostrato coraggio, il mago decise che Roverandom fosse pronto per visitare l’altro lato della Luna e vi arrivarono attraverso una botola che portava dritta al suo centro e poi dall’altra parte.

Arrivati, si trovarono davanti a una terra buia illuminata da un cielo chiaro, abitata da gufi, corvi e ragni oltre che grosse farfalle notturne. Si diressero in un parco dove bambini ballavano e camminavano come in trance, altri giocavano a pallone o inseguivano farfalle e comunque tutti cantavano. Roverandom voleva sapere da dove venissero ma il mago non glielo rivelò, piuttosto gli raccontò di come lui fosse l’artefice dei loro sogni, prima di lanciarsi nella mischia per farli giocare.

Il nostro piccolo cane alato, solo a girovagare, sentì una voce familiare e vide davanti a lui il suo padroncino Two che gli chiese, contento di vederlo sano e salvo, dove fosse finito. Il piccolo cane un tempo questuante si scusò con lui per esser andato via e gli raccontò le avventure dell’ultimo periodo fino a che il bambino non svanì nel nulla perché si era svegliato dal suo sogno. Averlo incontrato fece venire a Roverandom un po’ di nostalgia e la voglia di sbirciare sulla Terra; il mago glielo permise. Attraverso il telescopio, il cane vide tutte le persone che avevano fatto parte della sua vita e anche il mago che lo aveva trasformato in giocattolo, e che era proprio lì ad aspettarlo.

Da quel giorno nulla fu più come prima. Roverandom cominciò a sentire un male dentro, una sorta di malinconia, e chiese al mago di poter tornare a casa. Seppe che la cosa era possibile dal momento che, da una lettera recapitata al gabbiano Mew, avevano scoperto che Artaserse aveva sposato una sirena ed era andato a vivere nel profondo mare blu, con lo zampino di Psamathos.

Quando tornarono sulla terra, il mago ordinò al cagnolino che tornasse dalla sua vecchia padrona e non da Two perché non apparteneva a quest’ultimo, ma a chi lo aveva comprato precedentemente.

Psamathos provò più di una volta a spezzare l’incantesimo di Artaserse, senza sortire alcun effetto perché il vecchio stregone aveva usato tutta la sua più incredibile magia per rendere efficace il sortilegio sul povero cane. Non c’era altra soluzione per Roverandom che andare direttamente da lui e chiedergli scusa, traghettato da una enorme balena di nome Uin, la più anziana delle Balene Giuste.

Venne condotto davanti al cancello di un grande palazzo di pietre bianche e rosa, circondato da alberi marini i cui tronchi ondeggiavano trasportati dalla corrente e allietato dal canto delle sirene. Non arrivando al batacchio del portone, Roverandom abbaiò e ad aprire fu Artaserse in persona, ormai eletto alla carica di mago del Pacifico e dell’Atlantico, che invitò rover ad attendere qualche minuto prima di parlargli. Preso dalla noia, il cane cominciò a girovagare nel palazzo ed ebbe modo di conoscere la moglie del mago e il suo bianco cane di mare che si chiamava come lui: Rover!

Anche in questo caso i due divennero molto amici e fecero lunghe passeggiate assieme, possibili ora che Roverandom aveva zampe palmate, una pinna e non poteva annegare. Il cane di mare raccontò di essere appartenuto a un vero e proprio girovago che navigava per tutti i mari del nord con la sua nave chiamata Serpente Rosso. Un giorno salpò di nascosto a bordo con il suo padrone nascondendosi in un barile d’acqua e quando i marinai lo scoprirono decisero di chiamarlo Rover, cane giramondo. Il cane di mare raccontò che durante il viaggio ci fu una battaglia contro i pirati del Cigno Nero che uccisero tutti membri dell’equipaggio del Serpente Rosso, compreso il suo padrone. Allora il cane chiese alle sirene di riportarne il corpo a terra perché altrimenti molti avrebbero pianto la sua scomparsa, mentre lui fu regalato da una delle donne marine più anziane al Re del mare, nonno dell’attuale sovrano.

Passarono i giorni e Roverandom quasi dimenticò il motivo per cui era stato condotto nella profondità del mare, e anche Artaserse sembrò non badare più a lui iniziando a vedere il cane come beniamino di palazzo. Il piccolo cane con la signora Artaserse cominciò a visitare i dintorni, le grandi caverne bianche dove erano nascosti tutti i gioielli perduti del mare, la dimora delle fate e degli gnomi marini o le acque inesplorate, i mari fantastici, la baia del paese delle fate, le isole magiche e le case degli elfi assieme alla balena Uin.

Ma i cani hanno un’ottima memoria e in fondo Roverandom ricordava bene perché si trovasse in mare. Un giorno, Artaserse era di pessimo umore e stava andando a farsi riparare i danni provocati da un vortice d’acqua in una zona del mare pericolosa perché vi dimorava il Grande Serpente Marino. Il piccolo cane non aveva idea di cosa si celasse nella caverna, era semplicemente deciso a infastidire il mago che ancora si rifiutava di farlo tornare alle sue dimensioni originali, quindi morse la coda dei pesci cane che guidavano la carrozza del mago. Irritati, gli squali si spinsero e morsero a vicenda fino a che il primo della fila non azzannò l’unica cosa che aveva a portata di denti: la coda del Serpente Marino.

Allora l’antica creatura generò un mulinello così potente da scaraventare tutto e tutti di qua e di là, ma il mago, Rover e Roverandom riuscirono a tornare a palazzo, dove la gente del mare era infuriata a causa dei terremoti creati dal serpente. Artaserse era l’unico che avrebbe potuto fare qualcosa con la magia e si chiuse nel laboratorio per una quindicina di giorni, fino a che mise a punto un incantesimo che provocò una terribile emicrania al Serpente, che finì con l’addormentarsi nella sua caverna.

Ora che il peggio era passato, il cucciolo chiese nuovamente al mago di tornare alla sua grandezza di un tempo e questa volta Artaserse acconsentì dopo aver preso commiato dal Re del Mare e aver bruciato tutto quello che c’era nel suo laboratorio: era tempo per lui di andar via, soprattutto dopo l’incidente del Serpente Marino. Durante il falò nella fucina del Mago, accaddero cose portentose: i fiori impazzirono, le verdure divennero incantate e i pesci che le mangiarono si trasformarono in serpenti marini, leoni marini, diavoli marini, gatti marini, incubi e allucinazioni che costrinsero gli abitanti del palazzo ad abbandonarlo per sempre. Ma ciò accade molto tempo dopo che Artaserse, sua moglie e Roverandom tornassero alla spiaggia di Psamathos sul dorso della Grande Balena.

Approdati sulla spiaggia, ci fu un momento di panico perché il mago non si era accorto che nel grande falò del palazzo del mare aveva bruciato tutte le sue pozioni, gli strumenti di magia e i libri di incantesimi, e quindi non avrebbe mai potuto annullare il sortilegio che pendeva sulla testa di Rover se sua moglie – previdente – non avesse messo la bacchetta stilografica magica dello stregone in una grossa borsa nera- Così il cane tornò com’era prima (un po’ più grosso perché aveva qualche mese in più).

Dopo giorni e giorni di cammino, Rover si trovò davanti al cancello di un giardino oltre cui il piccolo Two giocava con la sua palla gialla. Felicissimo di aver ritrovato il suo cane, il bambino raccontò tutto alla nonna, che era stata in realtà la prima padrona del cucciolo: la signora fu davvero sorpresa di scoprire il motivo del nome Roverandom e tutte quelle storie sull’Uomo-sulla-Luna, sui maghi e le sirene.